INTERVISTA
AI THIRTEEN OF EVERYTHING (versione
inglese)
di Giancarlo Bolther
Siete
soddisfatti della registrazione e del mixaggio finale del vostro album?
Mick: Si, molto. Ovviamente, ci sono sempre dei particolari
di cui ti accorgi in seguito e che avresti voluto cambiare, ma si
tratta di cose di cui la maggior parte degli ascoltatori non si accorgerebbe
nemmeno. Io credo che sia impossibile fare un cd ed essere convinti
che sia perfetto! Abbiamo impiegato un periodo molto lungo per registrare
e mixare l’album, circa diciotto mesi (e solo per la batteria,
risate). Se c’è una cosa che vorrei cambiare per il prossimo
album è sicuramente il doverci mettere meno tempo ed essere
più veloce! Credo che la prossima volta potremo usare uno studio
più economico per registrare la batteria, oppure potremmo rimpiazzare
Ted con una drum machine (risate).
Ted: Questa battuta merita una rispesta immediata, sono convinto che
Mick non troverebbe molto spontaneo dover interagire con una macchina
(risate). In effetti c’è voluto molto tempo per completare
l’album, ma il problema è dipeso dal fatto che ognuno
di noi ha molti altri impegni oltre alla musica (abbiamo tutti un
lavoro e una famiglia). Siamo piuttosto contenti del risultato finale,
ma con alcune riserve. Abbiamo fatto tutto da soli e abbiamo dovuto
imparare molte cose. Abbiamo imparato come fare un demo nel 2002 e
questo ci ha fatto apprendere molte cose per la registrazione dell’album.
Abbiamo completato il tutto e suonava abbastanza bene, ma ovviamente
resta il fatto che non è così buono come se fosse stato
realizzato in uno studio professionale. Comunque, valutando i pro
e i contro, il controllo e i costi sono fattori molto importanti.
Abbiamo mixato insieme, rifacendo tutto finché non eravamo
convinti che il risultato fosse buono. Anche dopo che tutto era stato
finito, c’erano sempre cose che avresti voluto poter tornare
indietro per aggiustarle, ma arriva un certo punto in cui ti devi
fermare. Alcuni dischi registrati in modo professionale che ho ascoltato
suonano come dischi che hanno impiegato una vita intera per essere
realizzati. Così c’è il rischio di non mantenere
il senso originario, penso invece che il nostro album abbia conservato
un certo carattere e un buon feeling il che è un buon risultato.
Quanta tradizione e quanta modernità ci sono nel vostro
disco?
Mick: Penso ci siano entrambe, a causa della diversità
dei compositori. In particolare i due brani scritti da Patrick (il
tastierista originale). Egli non era proprio un patito del prog, come
invece era il resto del gruppo, quindi nelle sue composizioni dava
nuove angolazioni, anche se coscientemente cercava di “scrivere
musica prog” (almeno in brani come Bird in Hand). Credo di essere
io il più tradizionalista del gruppo, ma tutti noi cerchiamo
di non produrre un prog riciclato, perché ovviamente sarebbe
una contraddizione.
Ted: E’ difficile rispondere a questa domanda, perché
non c’è a monte una scelta conscia di includere o meno
una certa quantità di tradizione o una certa quantità
di modernità nella nostra musica. Allo stesso modo non abbiamo
nemmeno pianificato di essere un gruppo prog, ma siccome questa era
la nostra passione comune è stato naturale per noi muoverci
in questa direzione. Abbiamo semplicemente fatto quello che ci veniva
in modo naturale e abbiamo cercato di scrivere il tipo di cose che
ci sarebbe piaciuto ascoltare noi stessi.
Come componete i vostri brani?
Mick: La maggior parte nascono da un’idea venuta ad uno di noi,
di solito deve avere già una certa struttura, e poi viene rielaborata
dal gruppo. A livello compositico ci piace cercare di provare approcci
diversi, alcune idee individuali, alcune idee di gruppo. Di solito
chiamavamo Patrick “Iron Fist” (pugno di ferro), perché
era molto fissato sulle sue idee, ma ascoltando le canzoni che ha
scritto abbiamo capito che non era poi così sbagliato il suo
atteggiamento.
Ted: Può verificarsi in modi diversi, come ha detto Mick. Alcune
musiche vengono composte da un unico musicista dall’inizio alla
fine, e poi il resto del gruppo impara singolarmente la propria parte,
poi il brano viene arrangiato durante le prove, in questa fase subisce
varie modifiche a seguito degli input del gruppo e dai feedback. Poi
vengono aggiunti i testi se servono (comein Bird in Hand per esempio).
Delle canzoni cominciano con un idea parziale di riff sul quale improvvisiamo
e aggiungiamo spontaneamente cose nuove, finche il risultato non ci
soddisfa. A questo punto non ci resta che lavorare sulla formula canzone,
Flying East è nata così. Altre canzoni invece incominciano
con brevi idee, poi qualcun’altro nella band ne raccoglie il
filo conduttore e ci aggiunge del proprio, così è stata
composta Late for Dinner.
Come stanno andando le risposte del pubblico?
Mick: Siamo veramente soddisfatti. Abbiamo iniziato a suonare solo
per il piacere personale di farlo. Se anche solo una o due persone
nel sentirci suonare avesse provato emozioni nuove, per noi sarebbe
stato già tanto. Il Cd ha venduto bene e le recensioni sono
state tante e gratificanti.
Ted: Come dice Mick è proprio gratificante sapere che alle
persone piace il nostro album. Il CD vende abbastanza bene anche all’estero.
Credo che il merito vada attribuito al Cd demo del 2002, con il quale
abbiamo acquisito esperienza e personalità. Grazie ad esso
sono iniziate le recensioni sulle riviste così anche se qualcuno
non ha sentito il prodotto (visto che era reperibile solo contattandoci)
se ne è potuto già fare un idea. Importante è
stato anche il passa parola. A questo punto, quando è uscito
il disco ufficiale, non eravamo più un’entità
del tutto sconosciuta e così l’album ha cominciato immediatamente
a vendere. Da allora in poi, abbiamo avuto quattro o cinque siti su
cui era possibile ascoltare i nostri pezzi (Amazon, Prog Archives,
and Musea’s forum), in aggiunta avevamo circa una decina di
recensioni ufficiali su siti specializzati in prog e riviste. Abbiamo
presto in progetto anche di mettere nel nostro sito ufficiale le recensioni
in questione. Tutte sono state positive con solo una piccola parte
di riserve su alcuni aspetti secondari, mentre altre sono state estremamente
positive.
Come vi siete messi in contatto con la Musea , siete soddisfatti
del loro operato?
Ted: Nel 2002 (l'anno in cui abbiamo registrammo il CD Demo) stavamo
distribuendo copie del disco al Nearfest e personalmente mi sono assicurato
che anche la Musea ne possedesse una copia, così come altre
etichette. Nella primavera del 2003, ho mandato personalmente una
lettera alla casa discografica per ricordargli del demo e cogliendo
l’occasione ho allegato ancora un’altra copia e dei ritagli
di recensioni, presi da diverse riviste musicali. Finalmente nel settembre
del 2003 la loro risposta, una offerta che ci fece eccitare tantissimo,
ma noi non eravamo intenzionati a far uscire il disco così
come era, volevamo qualcosa di meglio e di più professionale.
Chiedemmo loro del tempo per poter ri-registrare il tutto e di migliorare
anche il suono, oltre che aggiungere anche trenta minuti di nuova
musica in più. Si sono dimostrati subito flessibili alle nostre
richieste, non ci restava che avvisarli solamente a lavoro finito.
Per noi è stata molto importante la loro pazienza. Ci è
servito addirittura un anno per poter fare tutto quello che avevamo
in mente e come di parola la Musea, che si è dimostrata entusiasta
del risultato, ha preso il nostro lavoro e lo ha pubblicato. La Musea
è una società senza scopo di lucro, e non dal profilo
alto come altre etichette di Prog più recenti, ma sta svolgendo
il proprio lavoro da molto tempo e presumibilmente sa come svolgere
i propri affari. Non posso dire precisamente quello che fanno dietro
alle quinte, ma sò che stampano un centinaio di CD per scopi
promozionali. Non è che facciano grandi promozioni pubblicitarie,
ma è altrettanto vero che a noi non interessa per il momento
fare tournée, perché abbiamo altri impegni, (il lavoro,
la famiglia). La musica sicuramente non andrà a sostituire
le nostre attuali occupazioni e per questo penso che adesso una casa
distributrice come la Musea per noi sia l’ottimale. Finora siamo
stati noi a farci della pubblicità, come ad esempio in Nearfest
e Prog Day. Non è una grande spesa, ed è rivolto ad
un pubblico decisamente mirato. Abbiamo mandato circa venticinque
cd del nuovo album ad organizzatori di concerti, Prog Website, recensori
privati e Radio. Riceviamo continuamente richieste per il disco, ma
non possiamo mandarne a tutti e dunque dobbiamo scegliere saggiamente.
Quant’è difficile suonare Progressive Rock nel
Texas, terra del Rock Sudista e del country?
Mick: Non è facile. Crediamo che ci siano sempre Prog fans
che aspettano nuovi lavori, ma non è certo questo un genere
popolare come nel Nord-Est degli Stati Uniti. Abbiamo avuto buoni
consensi quando abbiamo suonato qui ad Austin, e ci sono anche altre
due bands, ma siamo oscurati dallo strapotere del Blues e del Country.
È stato tuttavia sorprendente vedere alcuni tipi che hanno
apprezzato la nostra musica e che non erano di certo quelli che ti
saresti immaginato, e proprio questi venivano a complimentarsi dicendo
che negli anni ’70 erano degli appassionati degli Yes e di quel
tipo di musica. Nell’interesse del mega-stardom, il nostro prossimo
album includerà un brano concept di ventisette minuti di Country
Blues sulla relazione fra un uomo e il suo pick-up truck. (risate)
Ted: Ad essere sincero la nostra città, Austin, è molto
diversa dal resto del Texas. Austin ha una scena musicale molto eclettica.
Lo stile Country che ascolti qui non ha niente a che vedere con quello
che puoi ascoltare da altre parti. Non mi piacciono nemmeno i termini
“Country” o “Southern”, perché li associo
a suoni che aborro, ma c'è anche altra buona musica qui che
è probabile che alcune persone chiamino Country, ma non è
il genere senz’anima che proviene da Nashville e che si ascolta
nelle tipiche radio country. Ad ogni modo, il Rock Blues è
il genere più popolare ad Austin (come ben rappresentato dalla
leggenda musicale della nostra città, Steve Ray Vaugahn), ma
c'è anche molta elettronica e roba di’avanguardia. Però
la scena Prog dalle nostre parti direi che è pressoché
inesistente. Esistono alcuni fans, ma sono radicati ai gruppi tradizionali
(quelli degli anni ‘70) ed ignorano che esiste una importante
scena new prog che ha cominciato a crescere negli anni ’90.
Yes e Jethro Tull qui suonano abbastanza regolarmente, ed hanno sempre
un buon seguito. Ma la maggior parte del pubblico probabilmente non
sa, e forse non è nemmeno interessato, che esistono nuove band
che esplorano questi territori. Ci sono dei giovani che si avvicinano
al mondo Prog (o forme musicali complesse simili), per aver ascoltato
gruppi come Mars Volta, Sleepytime o Gorilla Museum (questi ultimi
due suonano regolarmente da queste parti). Questi giovani non sono
certo dei fans di Prog sinfonico e classico, ma se a loro interessa
veramente questo genere di musica, e amano le esplorazioni tematiche
più complesse o più lunghe, nel tempo, si potrebbero
trovare bene anche con i nostri album. In definitiva qui c’è
un po’ d’interesse nei confronti del Prog e ci sono anche
persone che vogliono saperne di più su queste band e sarebbero
felici di andare a vedere alcuni loro concerti! Da una parte è
stato difficile ottenere le poche date live che abbiamo fatto e poi
è stato difficile anche tenere insieme il gruppo in questo
contesto. Quindi la vera battaglia per noi non è contro il
Country, Il Blues o il Rock sudista, ma è contro il fatto che
il genere che noi suoniamo ha pochi seguaci, mentre molte persone
seguono come pecore i trend del momento. Inoltre è difficile
anche fare delle date nella “capitale della musica live”
(così come viene chiamata Austin), perché la competizione
fra i gruppi stessi è molto dura e noi non abbiamo un’identità
che può essere facilmente riconosciuta. Pensa che in un luogo
in cui abbiamo suonato alcune volte ci hanno battezzato come “jam
band” (ndr. un nuovo genere che sta nascendo negli USA con gruppi
come String Cheese Incident e Umphrey’s McGee) solo perché
loro riuscivano ad ettichettarci in questo modo.
Il Rock sudista ha influenzato in qualche modo la vostra musica?
Mick: No! Non ho mai veramente ascoltato molta di quella roba, sono
cresciuto con i Beatles e varie altre band britanniche degli anni
‘70, piuttosto, alcune delle quali le abbiamo poi proprio dimenticate.
Ted: No, ci piace jammare, ma in modo creativo, ci piace vedere come
si sviluppa suonando delle partiture in modo spontaneo e dove ci conduce
il seguire quello che fanno gli altri. Quando invece vengono suonati
dei groove o delle sequenze di accordi all’infinito senza una
particolare ragione o uno scopo espressivo, ma solo per permettere
agli altri di fare dei lunghi assoli, questo mi annoia a morte.
Secondo voi che musica state creando? Potete descrivercela?
Mick: Spero che sia molto varia, imprevedibile, melodica ed energica.
Ted: Sinceramente odio etichettare la musica. Anche se noi tutti amiamo
molti gruppi conosciuti come band di Rock Progressive e la nostra
musica è amata dai fans del Prog, cerchiamo di non appartenere
a tutti i costi a quella ristretta categoria. Ciò nonostante
siamo ovviamente grati a questo tipo di pubblico, perché la
vera scuola-di-pensiero del Rock Progressive permette una tale varietà
di stili che si può avere un sound completamente unico e in
questo senso accetto di appartenere a questa scena. Sono d’accordo
con l’affermazione di Mick, stiamo tentando di viaggiare attraverso
dinamiche, con melodie ed emozioni forti, soprattutto cerchiamo di
tenere alta l’attenzione dell’ascoltatore. Comunque ripeto
che quello che facciamo non è per piacere ad un certo tipo
di pubblico, ma solo a noi stessi ed è questo che credo dia
la possibilità di fare musica onesta, la migliore possibile.
Siete dei grandi strumentisti, ma la vostra musica è
anche molto emotiva ed intensa, quanto peso date all’abilità
tecnica?
Mick: Veramente non credo che l'abilità tecnica sia particolarmente
importante, per me tutto è nel potere della musica. Talvolta
le parti più semplici di una canzone sono quelle che hanno
l’impatto maggiore.
Ted: Io invece sono d'accordo sul peso della tecnica. Devi avere un
certo grado di competenza per poter essere capace di suonare ciò
che vuoi esprimere. La storia ci ha mostrato che molto del groundbreaking
più creativo e tecnico è nato spontaneamente, con la
fantasia. Sappiamo che ci sono molti musicisti che possono suonare
certi giri armonici molto tecnici, ma noi ci troviamo bene con le
nostre capacità, e mentre tentiamo di migliorarci non dimentichiamo
mai di sistemare sempre bene le tonalità, le dinamiche e la
creatività.
Il nome della band è molto curioso, cosa vuol dire?
Mick: Riguarda i Tredici modi di miglioramento intellettuale, come
giustamente spiegato dal profeta Ted.
Ted: Avvicinatevi fratelli, così che io possa bisbigliare nei
vostri orecchi le tredici saggezze… Naahhh! … Sarebbe
troppo lungo. Diciamo che è un semplice compromesso fra due
idee che abbiamo combinato assieme. Ci è piaciuto il fatto
che fosse divertente e al tempo stesso misterioso, ambiguo, e non
troppo pretenzioso. Quindi, non ha un significato vero e proprio,
ma non è forse proprio questo che lo rende ancora più
interessante? (risate)
Cosa caratterizzano le vostre esibizioni dal vivo?
Mick: Ci piace fare show divertenti ed attrarre l’attenzione
del pubblico conducendolo dentro le storie delle nostre canzoni. Essendo
tutti strumentisti e non avendo un lead singer è importante
rendere lo show interessante. Cerchiamo sempre di coinvolgere il più
possibile il pubblico e di essere più divertenti che mai, di
solito a questo ci pensa Ted (per lui è facile).
Ted: Mick chiede a tutti i bambini di sedersi davanti al palco e gli
racconta una storia. Poi in un bagliore improvviso di luce, le sopracciglia
dei bambini vengono bruciacchiate via con un gioco pirotecnico e lo
show comincia (ride). ?Per adesso Mick è abbastanza capace
di intrattenere il pubblico e questo sembra funzionare. Si è
cimentato anche in arte drammatica in un paio di canzoni, in particolar
modo in “Late For Dinner”. Io invece sono il professore
d'un college e mi metto un copricapo in Sleepdance. Siamo stati capaci
di dividerci spontaneamente le parti divertenti ed io, non so perché,
alla fine ricevo spesso certi ruoli che penso siano dettati solamente
dall’amore dei miei colleghi nei miei confronti (ride).
Quali sono le vostre band attuali favorite e quelle che vi
hanno influenzato nel passato?
Mick: Sicuramente Genesis, Yes e tutto il Prog classico degli anni
‘ 70. Più recentemente Spock’s Beard e Marillion.
Ma mi piacciono anche gruppi più oscuri e meno proggy.
Ted: Io potrei andare avanti per ore… almeno mi piacerebbe…
va bene solo qualcosa. Ispirazioni e favoriti del passato: prima metà
anni ‘70: Led Zeppelin, Jethro Tull, Yes, Genesis, Gentle Giant,
Bowie, Roxy Music, king Crimson, Pink Floyd Happy The Man. Dai tardi
anni ‘70' ai primi ‘80: ancora Bowie, Bill Nelson, Ultravox,
Magazine, Japan, Thomas Dolby, XTC. I miei favoriti degli anni ’90
sono: Catherine Wheel, Curve, House of Love e Dada. Thad e Joe non
sono qui per risponderti ma sono sicuro che Thad avrebbe detto ELP,
Dream Theater e tutto il Prog & jazz in generale, mentre Joe direbbe
Genesis, XTC e Beatles (ed i Beatles sono il massimo anche per me).
Cosa pensate del Metal sinfonico e Progressivo di oggi?
Mick: La maggior parte mi è entrata da una parte e mi è
uscita dall’altra!
Ted: Ho ascoltato il Metal Progressive ovviamente, ma non sapevo che
esistesse una specifica scena Symphonic. Personalmente ho qualche
avversione verso ogni cosa definita come “Metal”, amavo
molto i Black Sabbath ed ancora oggi ascolto spesso i Killing Joke,
quando ho bisogno di una forte carica emotiva e catartica, quindi
in certe circostanze apprezzo molto il suono pesante delle chitarre.
Comunque trovo che la maggior parte della musica etichettata come
“Metal”, o “Prog Metal”, sia troppo standardizzata
e forte per i miei gusti.
Negli States non c’è una scena ben delineata
riguardo il Prog, ci sono grandi band come gli Happy The Man, ma per
il resto ne sappiamo davvero poco. Potreste dirci qualcosa di più
riguardo i gruppi Prog americani del passato?
Mick: Sono cresciuto in Inghilterra, così nel mio passato c’è
tutto il grande Prog britannico e ho potuto vedere dal vivo più
volte la maggior parte dei gruppi. Una cosa strabiliante fu il successo
che i Gentle Giant ebbero qui in America, una cosa veramente strana,
perché nel loro paese d’origine ricevettero davvero poco
interesse.
Ted: Io crebbi nel mezzo degli Stati Uniti, precisamente nello stato
di Oklahoma che, in generale, è sempre stato molto conservatore.
Ma io fui attratto dalla musica più esotica proveniente da
oltreoceano, vale a dire la British Invasion dai Beatles ai Jethro
Tull (le mie prime due band preferite). Probabilmente la band statunitense
più famosa nel genere prog sono i Kansas. Stranamente malgrado
fossimo vicini di casa non ho avuto occasione di ascoltarli se non
con il successo di “Carry On Wayward Son”, all’epoca
li seguii con interesse per un certo periodo. Ascoltando meglio notai
che una certa frase in “Song For America” sembrava una
riscrittura di “Firth of Fifth” dei Genesis, così
li misi al secondo posto, ma continuarono comunque a piacermi. Sebbene
ci siano cose di loro che mi piacciono ancora oggi, molto materiale
non è invecchiato proprio bene, così non li ho più
ascoltati per molto tempo. Durante quel periodo ho avuto modo di apprezzare
anche gli Styx (alcuni non li considerano Prog, ma anche loro avevano
i loro bei momenti sui primi album) e li ho ascoltati in profondità
(Il sound è quello tipico definito Prog statunitense). Non
è stato prima del 1978, quando un mio amico che suonava con
me mi diede una cassetta di un album dove c’era un chitarrista
con cui lui aveva studiato chitarra, non avevo grandi aspettative,
ma erano gli Happy The Man con “Crafty Hands” e mi folgorò.
Oggi quel gruppo (e particolarmente quell’album) è uno
dei miei favoriti di sempre. Loro sono i migliori e secondo me sono
il gruppo più personale nel prog americano. Pochi mesi dopo
la formazione dei Thirteen di “Everything” andammo per
la prima volta al Nearfest nel 2000 per la reunion degli Happy The
Man. Ci sono altri gruppi interessanti del passato di prog negli US
che sono stati sottostimati e ristampati su cd molto tempo dopo, ma
nessuno di loro secondo me merita davvero, o forse non mi interessano
perché i gruppi Inglesi ed Europei sono molto meglio.
Qualche volta sento che i nuovi gruppi Prog di oggi si perdono
in evoluzioni tecniche e non si concentrano molto nel dare buone e
semplici emozioni agli ascoltatori, cosa ne pensate?
Mick: Penso sia un mix di tutto ciò, è difficile generalizzare.
Certamente per me l'impatto emotivo è tutto, mentre le esibizioni
tecniche non sono interessanti. Mi ricordo come se fosse ieri, quando
a 14 anni passavo il tempo ad ascoltare la musica con le cuffie riverso
sul pavimento, la chitarra di Steve Hackett su “The Carpet Crawl
“ in “Second’s Out” era così fine e
delicata ed era tutto così perfetto. Avevo la sensazione poter
volare su quella musica e di non toccare mai terra. Quindi quello
è il tipo di impatto che mi piace ascoltare in musica. Penso
che con l’eta e l’invecchiare ognuno di noi trovi più
difficile provare le stesse emozioni con della musica nuova, ma può
succedere ed è veramente fantastico quando questo succede con
la musica che fai col tuo gruppo.
Ted: Sono d'accordo. Prima di tutto le melodie e il loro arragiamento
e sviluppo. Da musicista, quindi sia come ascoltatore che come esecutore,
piuttosto delle esibizioni di virtuosismo, preferisco gli arrangiamenti
d’insieme con ritmi sincopati complessi, dove tutti gli elementi
lavorano insieme come se fossero uno solo e che solo occasionalmente
danno la possibilità ad un solista di brillare al momento giusto.
Questo in se stesso può essere tecnicamente molto stimolante,
ma non è la base per un auto esibirsi, piuttosto è al
servizio della ricerca di una musica eccitante o interessante. Io
trovo molto più divertente lavorare insieme alla ricerca di
questa coesione di elementi, piuttosto che avere la possibilità
di fare dei solos che mettano in mostra le nostre singole abilità,
al tempo stesso trovo questo molto più piacevole anche da ascoltare.
Infine non bisogna mai perdere di vista il contenuto melodico, emotivo
e tematico del brano. In questo senso noi speriamo di essere riusciti
a dar vita ad un buon insieme.
Molti fans del vecchio Prog odiano i Dream Theater ed il New
Progressive, ma ci sarebbero oggi giovani leve che si avvicinano ai
Genesis o King Crimson se non ci fossero stati i Dream Theater?
Mick: Mi piace la musica dei Dream Theater e se la compari a quanto
si ascolta in giro oggi, spesso è una spanna buona sopra la
media. Lunga vita ai Dream Theater! Sono anche dei musicisti molto
piacevoli da guardare, in particolare mi piace Mike Portnoy, che ha
la potenza naturale e la precisione che caratterizza i grandi batteristi.
Ted: Io so che a Thad piacciono molto, ma personalmente quello che
ho ascoltato mi ha lasciato un po’ freddo. Non mi importa se
sono grandi strumentisti, se non mi emozionano con la loro musica.
Comunque, se avvicinano gli ascoltatori metallari a certe sonorità
più complesse alla King Crimson o Genesis e se riescono soprattutto
a far tollerare loro le tastiere, allora ben vengano. In generale
comunque io non provo assolutamente antipatia per il New Progressive,
anzi, ascolto con molto piacere le nuove bands e cerco sempre cd nuovi.
Le stesse persone a cui piacciono gli artisti Prog degli anni ’70
dicono che il prog di oggi dovrebbe essere chiamato “Regressive”,
perché non esprime nulla di veramente nuovo…
Mick: Sì, questo può anche essere vero, ma se qualcuno
di loro dovesse venire al Nearfest avrebbe cambiato idea. In effetti
dobbiamo essere consapevoli che è fin troppo facile ricopiare
i materiali delle bands precedenti. Io penso che in futuro dovremo
cercare nuove strade per ridare freschezza a questo genere di musica,
almeno ci proviamo anche col nostro gruppo.
Ted: Si, molto materiale di oggi deriva direttamente dal passato,
in parte non lo posso salvare, ma mi piace come consumatore goloso,
mentre altro non riesco proprio ad accettarlo perché è
davvero troppo copiato. Suppongo che qualcuno possa riferire queste
critiche anche al nostro gruppo, ma noi abbiamo cercato di stare il
più lontani possibile dai nostri modelli, anche se qualche
passaggio può essere effettivamente accostato a certi stili,
ma in futuro cercheremo di fare ancora meglio.
Avete ascoltato alcune delle nuove bands di oggi e ci sono
alcune che vi piacciono?
Mick: Sì, noi veniamo al Nearfest ogni anno e ci sono sempre
delle buone sorprese. Non sono giovani ne nuovi, ma i Kenso l’anno
scorso impressionarono tutti i presenti. I White Willow sembrano produrre
costantemente buoni dischi, ma c'è così tanto materiale!
Trovai casualmente un Cd che mi piacque molto l'anno scorso, di nostri
compagni della Musea, veramente bello, si intitolava “Skymind”
ed era del gruppo francese Taal (ndr. un vero capolavoro).
Ted: Prendendo in considerazione i gruppi dell’ultima rinascita
del Prog, i miei gruppi preferiti sono Thinking Plague, Deus Ex Machina,
Echolyn, Miriodor, Landberk, Anekdoten, Anglagard, Univers Zero…,
tendenzialmente amo il Symphonic Dark. Thad non è qui, ma gli
piace lo stile jazzato di Medeski, Martin & Wood e ricordando
gli ultimi Nearfest, mi ricordo che Thad si era entusiasmato coi gruppi
giapponesi come Gerard e Kenso. E se Joe fosse qui, senza dubbio esprimerebbe
il suo entusiasmo per i Porcupine Tree (che piacciono a tutti noi),
e rimase estasiato anche dal concerto dei Miriodor.
Secondo voi la musica è un modo di fuggire dalla realtà
o è un modo per riflettere a quello che sta accadendo nel mondo?
Mick: Sicuramente tutte e due le cose, ma principalmente è
un modo di fuggire dalla realtà, o almeno un’esplorazione
nella fantasia. Ci sono anche alcune buone canzoni che sono "politiche"
o trattano di problemi correnti, ma di solito con il tempo perdono
il loro fascino.
Ted: Sono d’accordo, possono essere l’uno e l'altro o
tutte e due insieme. Ora che ci penso direi che la musica serve per
fuggire dalla realtà, mentre i testi possono essere l’opportunità
per esaminare tutti gli aspetti della condizione umana o per riferirsi
a degli avvenimenti.
Quali sono i vostri progetti futuri e in quale direzione artistica
state andando?
Mick: Il prossimo disco sarà un concept album con influenze
country/blues sul come si vive in Texas bevendo Tequila dopo essere
stati lasciati dalla propria ragazza. O forse no.
Ted: Io voto per “No”! Mick ha gia scritto un paio di
opere nuove, mentre Thad, Joe ed io stiamo lavorando su varie idee
che ancora devono prendere pienamente forma. Ci serve ancora un po’
di tempo prima di potervi dire in quale direzione si sta evolvendo
il nostro suono. Comunque sia abbiamo pianificato di registrare un
altro album ed eventualmente speriamo di essere un po’ più
attivi dal vivo nel prossimo futuro.
GB
Recensioni: Welcome Humans; Our
Own Sad Fate
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