Ricordate il chitarrista Michael Harris? Era un bel po’ che
non avevo sue notizie, ricordo che il suo stile mi aveva impressionato,
soprattutto per la bontà del suo songwriting, nel 2007 aveva
dato vita alla presente formazione in compagnia di Ted Leonard (Enchant)
un side project all’insegna di un prog metal molto tecnico,
che ha raccolto i favori di Portnoy, che li ha indicati come una delle
novità più promettenti, ma dal 2007, uscita del primo
album, abbiamo dovuto aspettare fino ad oggi per l’uscita del
secondo capitolo.
Il disco è un concept abbastanza complesso, basato su una storia
di fantascienza o se preferite sci-fi, che si intreccia con il destino
dell’umanità, si parte con un intro che ha il sapore
di un’overture, “Inceptus” in poco meno di tre minuti
ci sorprende per abbondanza di temi e ricchezza di contenuti. Ancora
più breve “Exodus”, ma anch’essa molto ricca,
fra geometrie articolate e suggestioni space rock, impone un prog
metal ad alto tasso tecnico. Concetti che vengono portati al compimento
nel brano “Psycherion: the Question”, retto da una potente
linea melodica e condito coi tipici stacchi ritmici del genere. Il
primo brano a superare la soglia dei tre minuti è il quinto,
“Light Year Time” una track briosa con bei solos e finalmente
un po’ più completa da un punto di vista compositivo.
“Kerakyps” è molto grintosa, tempi complessi e
una buona forza espressiva, il finale poi è tutto in crescendo,
con scale prese dalla classica e applicate al metal. Due brevi momenti,
uno jazzato, l’altro metallico, arriva la complessa “Behind
the Eyes of Ikk” una vera prova di forza, un jazz metal pieno
di vitalità, bello da ascoltare, anche se contiene passaggi
da mal di testa. La solare “Isle of Bizen” è uno
dei momenti più ispirati del cd, apparentemente leggera è
dominata da una melodia ricercata. Ipertecnica “Xyrethius”,
che domina con le sue ritmiche articolate, gli appassionati delle
scale vertiginose ringrazieranno. Molto belle le melodie di “Recoil”,
che si alternano ai soliti tecnicismi trascendenti. Verso la chiusura
troviamo uno dei brani più belli di tutto il cd, la lunga “Trascendent”,
che merita sicuramente un ascolto per la valutazione dell’intero
album. Altri due brani pieni di fuochi d’artificio chiudono
questo scoppiettante album, che si candida come una delle migliori
uscite dell’anno in ambito prog metal.
A volte la presenza di queste parti muscolose ad alto tasso tecnico
rompe un po’ la magia di alcune belle melodie messe su dal gruppo,
ma il mix finale in se non è affatto male. Harris è
sempre quel gran chitarrista, capace di sorprenderti sia per bravura
che per capacità compositive, i musicisti che collaborano con
lui non sono da meno, ottimi motivi per accostarsi senza timori a
questo album pieno di energia. GB
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