Delicatissima l’intro “In color captivating”, colori
pastello che si sovrappongono su d’un foglio candido, eppoi
le prime goccioline iniziano a cadere lente, polvere umida che si
deposita sulla pelle, si coagula, si raggruma e scivola via. “Namesake
Caution” è un disco cantato, una rarità per Cuneiform
Records, ecco che allora i ToO qualcosa di davvero speciale debbono
possederlo, nel loro DNA artistico.
I nuovayorchesi sono infatti dotati di un gusto compositivo non comune,
virante al seppia, umbratile e riflessivo. Pop psichedelico e darkeggiante,
ecco le coordinate di massima che dovrete seguire, onde non perdervi
nei labirinti sonori disegnati in queste nove canzoni da Chuck Stern,
cantante, tastierista e chitarrista, da Eric Fitzgerald (chitarra
e voci), da Jesse Krakow (basso, synths e chitarre) e dal percussionista
David Bodie (addetto pure alla foam machine!). “Darling abandon”
possiede la grazia del dreampop senza per questo risultare già
sentita, tanto le note si susseguono con sorprendente naturalezza,
“Parade of seasons” è più movimentata, ed
abbandona almeno nello strumentiamo la pacatezza dei primi episodi,
mai apparendo però confusa. E’ la voce di Chuck a tenere
dritta la barra di navigazione, così i flutti vengono partiti
dal vascello senza che questo subisca il menomo sbandamento.
Brevi colonne sonore? Certo, citano i nostri Morricone su “Meant
(Hush-Hush)”, ma gli impasti vocali ricordano gli Yes o la scuola
di Canterbury, il sovrapporsi dei suoni ed il loro svolgimento Mr.
Jungle e Primus, e non mancano citazioni alla new-wave meno di maniera
(Kate Pierson dei The B-52’s ha prestato la sua ugola sul secondo
lavoro del gruppo, l’autoprodotto “Much too much fun”
del ’03, il quale nella cronologia delle pubblicazioni segue
“Melonwhisper” del 2001 e precede l’enigmatico e
lunare “Early as seen in pace” del 2004, costituito da
quattro lunghi e crepuscolari movimenti). Decisivo pure l’incontro
coll’illustre concittadino John Zorn, che tramite la sua Tzadik
patrocinò “Sarcast While” (’05), con la voce
del tema portante di “Twin peaks”, Julee Cruise, ad apparire
nella lista dei guests. Non comune è “Namesake caution”,
anche perché in queste tracce non emerge spocchia o sterile
esibizionismo, anche quando i ritmi si fanno cervellotici e difficili
da seguire (“Gem”). Non manca la prova di resistenza,
concretizzata nei dieci minuti di “We speak in shards”
e superata senza affanno.
Se amate esplorare nuovi territori sonici, i Time of Orchids paiono
giungere apposta per pascere la vostra fame di novità! P.S.:
fantastica l’immagine di copertina del booklet. AM |