Ecco un disco
di debutto che non può lasciare indifferenti, i Transit sono
il progetto del singer Jan K. Transeth, che ha riunito attorno a se
una band sperimentale dedita al rock alternativo, i suoi componenti
fanno parte di vari altri gruppi come gli Stille Oppror, che abbiamo
recensito di recente, i Naervaer e i Green Carnation, tutti progetti
dove troviamo Jan alla voce.
La prima cosa che colpisce ascoltando l’album è proprio
la voce caratterizzante di Jan che sembra un moderno e darkeggiante
Jim Morrison, ma anche le sonorità dei brani sono molto intriganti
e difficili da catalogare (gran merito!). Come dicevamo si tratta
di rock alternativo, ma nello specifico si tratta di una miscela di
musica psichedelica moderna con sprazzi di folk.
L’inizio è affidato alla sbalorditiva “Estrangeiro/
New Man”, una ballata che piacerebbe molto a Nick Cave, c’è
il folk e il blues, la psichedelia e tanto ritmo e si viene avvolti
da una serie concentrica di spire lisergiche. “Bleed On Me”
è il brano trainante dell’album, con un piglio vicino
ai migliori Placebo, ma molto più etereo e quasi spirituale,
anche se l’impatto emotivo è davvero notevole. “You
and Me and Then Some” alterna morbidezza ad energia, con un
bel coro, il rock di questi musicisti è la prova che c’è
ancora spazio per nuove idee. Si prosegue con la ruvida, quasi disperata
“The Girl and the Road”, che offre un bel crescendo molto
dark. “Miller Song” è il brano che più mi
ha ricordato la forza poetica dei Doors, anche se non ci sono dei
contatti musicali espliciti, ma solo una simile intensa atmosfera.
Ma c’è ancora carne al fuoco ed ecco arrivare la desertica
“Jokes Aside”, così straniante che risulta difficile
da descrivere, splendide le chitarre che ricordano molto certi giri
claustrofobici tipici della dark wave degli anni ottanta, davvero
uno dei momenti più creativi dell’album! “Damned
If You Don’t” inizialmente è molto atmosferica
e intimista, ma poi verso metà sterza con forza verso un sound
compatto notevole. Il finale è affidato a tre brani collegati
fra loro dal titolo “Ad Anima” tutti molto belli, ma su
tutti il terzo è quello che spicca di più.
Di dischi come questo non ne escono molti e a volte passano quasi
inosservati e sarebbe un vero peccato se questo si dovesse verificare
anche per Decent Man On A Desperate Moon, perché è sempre
più difficile trovare artisti del calibro di Jan K. Transeth,
gente che mette al primo posto la voglia di fare musica di grande
qualità. GB
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