Ma come fanno certi leoni a ruggire ancora? Gli UFO sono una delle
grandi band dei seventies, che hanno infiammato i nostri cuori con
album incendiarii, ma non si sono arresi e oggi sono ancora qui con
un disco fresco, appena uscito dalla sala d’incisione. La formazione
oggi è composta dal grande vocalist Phil Mogg, dal tastierista
Paul Raymond, dal talentuoso chitarrista Vinnie Moore, che ha abbandonato
i panni del guitar hero, per mettersi al servizio di questa storica
formazione, e infine dal batterista Andy Parker, altro veterano.
The Visitor è un disco classico, composto da dieci brani per
i canonici quaranta minuti e poco più, manca solo la divisione
fra lato A e quello B e sembrerebbe di avere fra le mani un bel vinile
dei tempi andati, eppure è musica nuova e frizzante, buona
per un sano headbanging non troppo concitato, i riffs di chitarra
sono ben costruiti e suonano che è una meraviglia. Cosa si
può chiedere di più a un disco come questo? Non ci sono
innovazioni, non viene sperimentato nulla, in fondo viene celebrato
l’amore per un genere musicale che oggi suona molto romantico,
per la portata di ricordi di cui è carico, quindi è
il cuore che cerca fra le note calde di questo album quelle emozioni
che tante produzioni moderne non sanno più dare. Questo è
il pregio e il limite di un disco demodé, che non segue nessuna
moda, ma che va dritto per la sua strada a testa alta e con tanta
convinzione. A me le note ricche di pathos di brani come “Stop
Breaking Down” piacciono, anche se capisco che è un disco
maledettamente nostalgico e poco più.
La voglia di fare sano hard rock in questi artisti arde ancora con
un’energia che ha dell’impossibile, eppure The Visitor
è un album graffiante, che non mancherà di scaldare
ancora i nostri cuori, come ai bei vecchi tempi. Ogni altra considerazione
sembra superflua a questo punto, The Visitor è un disco per
chi ama la musica fatta in un certo modo, col cuore e coi muscoli
prima di tutto e questo è un ottimo esempio di quanto ho esposto.
GB
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