Da
quando sono tornati in pista gli UFO non hanno più smesso di
sfornare nuovi dischi, è ancora fresco il ricordo del loro
recente bellissimo live che ecco un nuovo album in studio. L’irrequieto
Jason Bonham non siede più alla batteria, al suo posto però
ritroviamo il batterista originale Andy Parker, per il resto la formazione
è inalterata con il possente Phil Mogg alla voce, Pete Way
al basso, Paul Raymond alle tastiere e Vinnie Moore alla chitarra.
Ovviamente si tratta come sempre di solido e polveroso hard rock,
sempre uguale e sempre vitale a partire dall’anthemica “Hard
Being Me”, costruita su base blues e Mogg che canta con una
grinta invidiabile, per certi versi ricorda Glenn Hughes. Meno prevedibile
e più cattiva è “Heavenly Body”, carica
di tensioni urbane e notturne. “Some Other Guy” con la
sua armonica e la base blues ricorda la migliore tradizione rock dai
Rollings ai Quireboys. Bisogna arrivare però a “Black
and Blue” perché l’Oggetto di Origine Sconosciuta
prenda di nuovo il volo e faccia sognare i nostri cuori con un riffing
efficace. Con “Drink Too Much” arriva la ballatona strappalacrime,
senza infamia e senza lode, piacevole, ma anche già sentita.
“World Cruise” attacca come un blues acustico molto ficcante,
poi entra con prepotenza l’elettricità, forse è
un’occasione mancata, ma il pezzo ha un bel tiro e Moore dimostra
tutta la sua bravura. Verso il finale seguono una manciata di brani
onesti, che non aggiungono molto al sound collaudato della band, ma
che sono delle discrete testimonianze.
Gli UFO sono una leggenda, qualcuno direbbe dei “dinosauri”,
ma a me piace ricordare che al loro concerto mi ero divertito parecchio
e ascoltare un buon disco come questo continua a scaldarmi il cuore,
anche se non è certo un capolavoro. GB
Altre recensioni: Showtime; The
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