Mi sembra quasi impossibile che noi di Rock Impressions non abbiamo
ancora recensito un album dei mitici Uriah Heep, una delle formazioni
più longeve e continue del pianeta hard rock. Totally Driven
è il loro venticinquesimo album, anche se in realtà
era stato registrato nel 2001 ed era uscito con un titolo ed una scaletta
diversa, Remasters: The Official Anthology, andato presto out of print.
Il disco era servito come supporto al tour che ha dato vita ai due
album live Acoustically Driven e Electrically Driven editi sempre
lo stesso anno. Non si tratta quindi di brani inediti (presto dovrebbe
uscire un nuovo album con nuove canzoni), ma il riarrangiamento di
ventisette loro classici. La formazione presente è quella maggiore
durata, dall’86 al 2007 e vede Bernie Shaw alla voce, Mik Box
alla chitarra, Phil Lanzon alle tastiere, Trevor Bolder al basso e
Lee Kerslake alla batteria. Cinque musicisti pieni di energia e di
voglia di suonare, bastava vederli dal vivo (io li ho visti l’anno
successivo) per capire di che pasta erano fatti.
Quando si parla di hard rock in realtà sono pochi, fuori dalle
fila degli appassionati, a conoscere il nome di questi eroi indiscussi
del genere. Eppure hanno scritto pagine di musica indimenticabile,
veri classici senza tempo, e questo album ci permette di riascoltarne
una bella selezione. Non ha molto senso richiamare i singoli titoli,
meglio cercare di trasmettere le emozioni ricavate complessivamente
dall’ascolto. Non posso però fare a meno di citarne qualcuno.
Come parte “Gypsy” con quel suo giro di hammond vorticoso
e maledettamente dark, scorrono brividi grossi. La loro discografia
era partita da questo pezzo solenne e maestoso e non si poteva iniziare
diversamente. Il gruppo è accompagnato anche da quattro archi,
che aggiungono una grande profondità al sound, ho davvero la
pelle d’oca. La cosa che mi ha colpito di più è
che non si tratta di minestre riscaldate, ma di brani ringiovaniti
e suonati con grande entusiasmo. Un’operazione di valorizzazione
che non toglie un grammo di fascino agli originali. Anzi, li celebra
esattamente come vanno celebrati, facendoli rivivere e rendendoli
ancora attuali. E ancora “Bird of Prey”, “Sunrise”,
“Come Away Melinda”, ascolterei questo disco a rotazione
senza mai stancarmi, perché il sound è così ricco
e pieno che ad ogni ascolto si percepiscono cose nuove, mentre vecchie
suggestioni affollano la mia mente. Un turbine di emozioni a cui è
difficile restare indifferenti.
Sono rapito dalla bellezza di questo disco, gli Uriah Heep hanno saputo
riprendere in mano la loro storia e ce la presentano con giusto orgoglio
e soddisfazione. Onestamente per me questo è un disco prezioso.
GB
Live Report: 2002
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