Gli Ut Gret sono una band del Kentucky, precisamente di Louisville
che si compone nell'oramai lontano 1981. Essi sono Steve Good al sax
e percussioni, Gregory Acker al flauto, sax e percussioni, Gary Pahler
batteria percussioni e basso, Stephen Roberts alle tastiere, vibrafono,
tromba e percussioni ed il polistrumentista Joee Conroy (strumenti
a corda, elettronica e percussioni).
Vengo subito a precisare che la musica proposta non è di facile
collocazione, in essa convivono Folk, World, Rock, Jazz, ma soprattutto
molta improvvisazione, grazie a strumenti quali sax, flauto, vibrafono,
trombe ed altro ancora. Per questo mi sento di inserirli nel contesto
Progressive Rio. Tutto questo fa presagire anche a composizioni lunghe
ed articolate, spesso lanciate in corse improvvisate, in effetti così
è.
Ut Gret è la fusione di due significati a se stanti, dove "UT"
è l'antica nota medioevale conosciuta a noi come "do",
la nota più bassa dell'organo, mentre "GRET" sta
a significare un nomade, una persona zingara che vaga in Europa per
cogliere nuove sonorità per la gente comune.
"Recent Fossils" si presenta con una bellissima confezione
cartonata con tanto di libretto interno ricco di spiegazioni, citazioni
letterarie e foto. Questo esce per i 25 anni di fondazione della band
e nei suoi tre cd interni ascoltiamo tre stadi differenti della loro
carriera. Il primo si intitola "The Dig" e nei suoi 70 minuti
di sonorità possiamo davvero trovare ogni tipo di influenze
sonore, musica percussionistica Indonesiana compresa. Le sensazioni
che scaturiscono all'ascolto sono molteplici, si ha come la sensazione
che la profondità della musica sia scavata nella terra. Musica
atavica, dove si percepisce la necessità dell'uomo di comunicare
con la natura.
Di conseguenza essendo una musica alquanto primitiva e spontanea,
il ruolo delle percussioni è fondamentale, essendo esso lo
strumento principe dai tempi dei tempi, è facile quindi avere
una visione allegorica di una musica fossilizzata nella pietra, a
testimonianza che la terra è suono e testimone di vita. Ma
la terra porta anche ad una considerazione più spirituale,
ecco dunque che questo carillon etnico trasporta l'anima e l'accompagna
vicino al divino. Lo scenario bucolico che si presenta all'ascolto
è ottenuto anche grazie all'uso dei fiati, fra sax e flauto
per poi miscelare il Folk con la cultura Indonesiana. Chiudere gli
occhi e lasciarsi trasportare dai suoni è come scendere giù
da un lungo scivolo. Delicatezza e sensibilità.
Il secondo cd dal titolo "Time Laps" necessita di una mentalità
ancora più aperta, in quanto esso è composto da improvvisazioni
in studio. Compaiono anche ospiti illustri quali Henry Kaiser, Eugene
Chadborne, Greg Goodman e Davey Williams. La Scuola di Canterbury
viene inesorabilmente alla mente di chi ascolta, con i Soft Machine
in cattedra. Jazz elettrico penetrante molto coinvolgente, un altro
salto nel vuoto, un lasciarsi cadere nell'infinito dove le restrizioni
mentali non devono assolutamente esistere. Vera musica per la mente,
adatta ad un pubblico preparato e desideroso di lasciarsi sorprendere.
Ancora più difficile da affrontare è il terzo cd dal
titolo "In C", brano in origine preparato come una bonus
track, ma a causa della lunga performance di circa 63 minuti, relegato
in un contesto a se stante. Questo è registrato dal vivo al
Tewligan's Tavern con la presenza di altri strumentisti, quali lo
storico Dave Stilley e Marko Novachoff. Un brano martellante ed ipnotico
che mette a dura prova la pazienza dell'ascoltatore. Una sorta di
extasy sonora, dove la ragione si lascia ingannare dalle apparenze,
quelle costruite dalle note degli artisti.
Gli Ut Gret non sono mai banali, raccontano viaggi, ripercorrono il
dna dell'uomo anche a ritroso, per poi riproporlo a noi in maniera
schietta e cruda. Meritano l'ascolto. MS
Altre recensioni: Time Of The Grets; Radical
Symmetry
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