Simone Rossetti oramai lo conoscono tutti gli amanti del Prog , ci
ha lasciato dischi interessanti assieme ai suoi The Watch quali “Ghost”
(2001), “Vacuum” (2004), “Primitive” (2007)
e “Planet Earth?” (2010). Il genere a cui vanno incontro
è totalmente debitore ai Genesis di Peter Gabriel, così
la voce di Simone ed il face painting. Da sempre si sono scritte recensioni
sulle analogie con la band inglese, tuttavia va rimarcato in modo
netto e distaccato che i The Watch sanno non solo suonare bene, ma
anche comporre dell’ottima musica. Ecco dunque che le tastiere
di Valerio De Vittorio ricoprono un ruolo di fondamentale importanza,
così la chitarra spesso in stile Hackett di Giorgio Gabriel.
Visto che stiamo parlando dell’era Gabriel, non può non
mancare il flauto, qui degnamente suonato da John Hackett (come vedete
certi nomi fanno capolino non a caso). La ritmica è precisa
e senza tecnicismi inutili, di buon livello, proprio come l’intesa
fra Guglielmo Mariotti (basso) e Marco Fabbri( batteria).
Il disco si apre con l’intro cantilenante di “The Watch”
e se qualcuno di voi ancora non avesse mai ascoltato la band, avrà
un sussulto al cuore nell’ascolto, come imbattersi in uno sbalzo
spazio temporale, quello che generalmente noi chiamiamo Deja Vù.
La copertina di ”Selling England By The Pound” è
avanti ai nostri occhi per un istante, solo il tempo di giungere dopo
quasi due minuti a “Thunder Has Spoken”, canzone più
di personalità e movimentata. Nella stanza dilaga l’essenza
degli anni ’70, anacronisticamente si vive l’ascolto con
vicino apparecchi decoder, cellulari e quant’altro non esisteva
negli anni della grande musica Rock, un curioso raffronto che non
mi lascia indifferente. Non ci sono suite, piuttosto brani di media
durata e tutti molto orecchiabili, i The Watch hanno saputo dosare
con precisione farmaceutica la melodia che prende al primo ascolto
alla tecnica ed al sound dei Genesis. Ascoltare “One Day”
è un piacere, sia per la maestosità dei tappeti mellotron
che per la fruibilità del brano. Gli arpeggi sono all’ordine
dei pezzi, non mancano mai, come ad esempio nell’accenno iniziale
di “In The Wilderness” che potrebbe benissimo uscire da
“The Lamb Lies Down On Broadway”, pezzo allegro e beffeggiatore.
La melodia cresce e tocca dentro con “Soaring On” ed il
flauto di Hackett, qui siamo ancora più indietro nel tempo.
Resta comunque penalizzante andare a descrivere le sensazioni che
danno i singoli brani, in quanto chi ama la band in questione ha capito
benissimo cosa va ad ascoltare in “Timeless”. Gli amanti
dei The Watch non chiedono altro, tutti gli altri avranno qualche
dubbio sul significato di un disco del genere oggi 2011.
La musica quando è bella e ben suonata, non importa a chi si
rifà, l’importante è che sappia emozionare. Chi
non conosce il Progressive Rock di stampo sinfonico ha l’occasione
buona per avvicinarsi e sicuramente incuriosirsi, anche se oggi come
oggi la musica per la mente è del suo penalizzata dall’isterismo
dei media e della società moderna. Io non mi lascio travolgere,
so chiudere ancora gli occhi e sognare. MS |