| Per chi non fosse ancora familiare con questo chitarrista mi è 
            difficile riassumere la sua lunga carriera, iniziata circa trent’anni 
            fa a Tampa in Florida. Per riassumere molto velocemente posso ricordare 
            che dopo aver fondato gli Autodrive ha intrapreso la carriera solista 
            e ha suonato come opening act per i Marillion per ben sette tour, 
            poi ha collaborato stabilmente con i Porcupine Tree di Steven Wilson, 
            col quale è nato un sodalizio che dura tutt’oggi, non 
            a caso è spesso con lui in tour. Come solista ha pubblicato 
            dal ’94 ad oggi otto titoli compreso il presente.
 
 Disconnect è un disco complesso e ricercato, composto da dieci 
            brani che spaziano dal prog al rock, con un buon studio dei suoni. 
            Questo appare evidente fin dall’iniziale traccia eponima, costruita 
            su un prog nervoso e cupo, le parti di chitarra sono preminenti con 
            assoli spesso entusiasmanti, ma c’è un buon senso di 
            insieme, che rende il pezzo piacevole. “Any Old Saint” 
            ha una linea melodica da ballad, ma è veloce e risulta epica, 
            ancora una volta mette in mostra le grandi doti di chitarrista di 
            John. “Once A Warrior” è ancora più ricca, 
            Wesley ha messo a frutto la grande esperienza accumulata e si sente, 
            un prog coraggioso e piacevole da ascoltare al tempo stesso. Molto 
            riuscita la melodia di “Window”, quasi radiofonica, bella 
            come un classico dei tempi andati. “Gets You Everytime” 
            è un buon hard rock, ma non nel senso di old fashioned, i suoni 
            sono freschi e interessanti. Altro brano dal forte potenziale è 
            “Mary Will”, retta da una melodia che si stampa subito 
            nel cuore e mostra quanto sia dotato questo musicista. Con “Take 
            What You Need” si torna al prog tormentato di apertura, un brano 
            che farà la gioia dei fans di Wilson. Altro brano immaginifico 
            è “How Goes the War”, l’incedere epico è 
            riletto in chiave modernista e antimilitare, con forza sorprendente. 
            “New Life Old Sweat” ci mostra ancora la grande capacità 
            di coniugare belle melodie su trame complesse di Wesley. Chiude “Satellite” 
            giocata in acustico, John ha una bella sensibilità, che i suoni 
            acustici rendono ancora più evidente.
 
 Questo disco nel complesso dimostra tante cose, ma su tutte ci permette 
            di capire perché il nostro sia tanto stimato da musicisti importanti 
            come Wilson, Fish e tanti altri. Forse il suo nome non ha ancora varcato 
            il confine degli appassionati più stretti di musica, ma questo 
            disco ha tutti i numeri per farlo apprezzare ad una cerchia più 
            ampia come merita. GB
 
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