I partenopei Winter of Life sono una giovane band al debutto, fortemente
influenzata da gruppi come Pain of Salvation e Tool, che ci propone
questo robusto album ricco di prog metal oscuro e con tinte gotiche,
un genere che ha conosciuto una buona diffusione, ma che adesso ha
perso l’effetto novità. I Winter of Life appaiono subito
dotati di buone doti tecniche, indispensabili per approcciarsi al
genere preselto, mentre il songwriting appare un tantino acerbo.
Il disco è coeso e ben realizzato, i pezzi sono potenti al
punto giusto con un buon intreccio fra parti melodiche e ritmi complessi,
ma quello che manca ascoltando i primi due episodi è il carisma
che ha contraddistinto la produzione dei gruppi citati. Non che non
ci siano brani meritevoli di attenzione, il primo a colpirmi è
proprio la title track, che propone ottime trame. “Wither”
mi piace nei momenti più aggressivi, meno nelle altre parti,
discreto l’intreccio finale con le parti del brano che si sovrappongono.
Suggestiva anche la martellante “Form of Egoism”, sicuramente
uno dei brani più originali del disco. Il brano successivo
però è quasi una copia di certe cose dei POS. “Disillusion”
non dissipa i dubbi, del resto è molto difficile in questo
campo oggi proporre soluzioni inedite. “Stream of Uncosciusness”
da una bella scarica di adrenalina, sfiorando il metal estremo, non
sono suoni che mi fanno impazzire, ma qui il gruppo mostra idee interessanti.
Ma poi ci sono episodi che rovinano tutto come “In Silence…”.
Il brano finale “Vespro” è anche peggio.
La scelta di esibirsi in un prog metal nervoso e post moderno è
certamente lodevole, forse non tempestiva, ma questi musicisti avranno
tutto il tempo per farsi le ossa e diventare via via più personali,
ci sono spunti interessanti che lasciano ben sperare per il futuro,
anche se questo disco non è proprio imperdibile. GB
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