Formatisi oltre quarant'anni fa, i britannici Wishbone Ash rappresentano
una solida realtà della scena rock internazionale, pur se sono
incorsi inevitabilmente in alti e bassi, temporanee 'pause di riflessione'
e seguenti riprese del cammino, e una delle prime bands ad aver adottato
il sistema delle 'twin-lead-guitars'.
Andy Powell (vc, ch), ormai l'unico membro originario rimasto nei
Wishbone Ash, è accompagnato da Muddy Manninen (ch - Havana
Blacks, Gringos Locos), Bob Skeat (bs) ed il più giovane Joe
Crabtree (bt - Pendragon) al terzo lavoro d'insieme, un quartetto
che garantisce professionalità e solidità, con sonorità
catalogabili nel Classic Rock e sintesi di diverse influenze che spaziano
dall'hard rock al prog rock, dalla fusion al folk.
Le dieci canzoni sono godibilissime e ricche di spunti di interesse,
di un qualcosa che colpisce l'orecchio, anche se funziona benissimo
come compagnia di sottofondo durante le attività quotidiane,
a partire dall'iniziale e classica "Take It Back", passando
per i divertenti rock-blues "Deep Blues" e "Mary Jane"
con dei begli assoli di chitarra anche in versione twin-leads, le
più elaborate "Strange How Things Come Back Around",
"Being One" e "American Century" maggiormente
vicine al progressive rock.
"Way Down South" è un semplice ed orecchiabile melodic
rock tune, impreziosita da un bellissimo assolo di Powell che domina
e regala emozioni nella lunga coda finale; "Blue Horizon"
è una lunga ballad in pieno stile dei Wishbone Ash con alcune
remote assonanze coi Pink Floyd, mentre spetta alla conclusiva "All
There Is To Say" portare alla luce anche quelle influenze folk
caratteristiche di diverse fasi della carriera dei Wishbone Ash.
Un disco maturo, splendidamente eseguito ed interpretato, chitarre
che hanno tanto da insegnare agli sfrenati shredders ossessionati
dalla sola tecnica, questi i dati più importanti tramandati
da "Blue Horizon", ennesima testimonianza di una band dura
a morire e che percorre serenamente il proprio viale del tramonto
con tanta dignità. ABe
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