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            C’è sempre stata fra America ed Inghilterra quella sana 
            rivalità anche in ambito musicale, lo abbiamo visto soprattutto 
            negli anni ‘60/70 quando il Rock faceva a gara a chi la faceva 
            più “strana”. Nel periodo si sperimentava molto, 
            la personalità era focale, al centro del mondo, necessariamente 
            si aveva la volontà di essere unici. Personalmente ho sempre 
            reputato in questo campo l’Inghilterra più avanti che 
            il nuovo continente, perché ci ha elargito band che come quantità 
            e soprattutto come qualità, hanno dominato e sono state punto 
            di riferimento per intere generazioni. Se poi andiamo a fare un rapporto 
            quantità rispetto il numero di abitanti, allora quello che 
            dico assume connotati ancora più amplificati.
 L’importanza dei Beatles è nota a tutti, non starò 
            certo qui a spiegare che hanno aperto tre strade nel Rock come il 
            Prog, la Psichedelìa e il Punk, non è la sede per entrare 
            nei dettagli. Oppure i Martelli di Dio, i Led Zeppelin, veri stravolgitori 
            dell’Hard Rock dalle fortissime tinte Blues e via, via tutti 
            gli altri. L’Italia dal canto suo ha saputo fare davvero poco, 
            mentre il mondo musicale veniva stravolto dal Rock alla fine degli 
            anni ’60, da noi Claudio Villa, Gianni Morandi e compagnia bella, 
            mietevano alla grande. Ma nel tempo inesorabilmente questo suono elettrico 
            e comunque sia melodioso, rientra anche nel nostro universo, pur non 
            essendo intarsiato nel DNA. Moltissime la band che hanno cavalcato 
            il Rock, in differenti stili e modalità, comunque sia di base 
            si trovano le influenze che vi ho accennato. Nel caso dei The Wonkies, 
            tutto si arricchisce ancora di più, con The Strokes, James 
            Taylor, Creedence Clear Water Revival e molto altro. Un Rock moderno, 
            ma dalle sonorità vintage, un equilibrio ben dosato per un 
            risultato quantomeno gradevole. L’amore dei biellesi - torinesi 
            per l’Inghilterra è palese sin dal titolo “Colazione 
            All’Inglese” e quello che apprezzo nel loro sound è 
            quella sfumatura psichedelica che irrobustisce l’insieme.
 
 Marco Schellino (voce), Luca Fabbricatore (chitarra), Vittorio Vallivero 
            (Chitarra e tastiere), Filippo Ugliengo (basso) e Marco Ugliengo (batteria) 
            sono i The Wonkies e questo in analisi è il debutto discografico. 
            Fra le note del disco si denotano comunque le radici prettamente italiane, 
            nel pentagramma si aggira quella mediterraneità intrinseca 
            alla quale siamo inesorabilmente ed inconsapevolmente legati. Le canzoni 
            sono tutte orecchiabili e dal ritornello tormentone, Rock acustico 
            contaminato dalla psichedelia a tratti elettronica. Ogni singolo brano 
            può essere un papabile hit radiofonico, anche se “Dimmi 
            Come Mai” e “Ciao Come Stai” hanno una intensità 
            maggiore, non a caso sono stati i primi due singoli estratti dall’album. 
            “Fragile” potrebbe uscire benissimo dalla discografia 
            di Daniele Silvestri. La voce non è aggressiva, piuttosto semplice 
            come il sound proposto. Non mancano i momenti più leggieri 
            in stile ballata, come “Sempre Tutto In Fretta” e la conclusiva 
            “Finché Esce Sangue”.
 
 Nella totalità è dunque il Rock a farla da padrona e 
            personalmente ho avuto tantissimi deja vu. Chi vuole passare un oretta 
            di buon Rock spensierato ed orecchiabile, “Colazione All’Inglese” 
            fa al caso vostro, mentre ai più attempati di voi consiglio 
            un ascolto preventivo, in quanto come me, avete ascoltato in diretta 
            gli anni ’70, per cui… MS
 
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