Non ho molte informazioni su questa formazione newyorkese capitanata
dal chitarrista e compositore Sasha Markovic, che credo sia al debutto
discografico. Si tratta di una formazione acustica dove domina Sasha,
in diversi brani è solo, poi troviamo contributi di Lori Reddy
al flauto in quattro brani, Sonia Choi al violoncello in altri tre,
Eylon Tushiner al sax in due e Josh Margolis alla batteria e tastiere
in uno. Come si può intuire dal titolo l’album si ispira
alla cinematografia, anche se non vengono indicati dei film specifici,
inoltre troviamo anche due interessanti cover, ma andiamo con ordine.
Il primo brano proposto è “Dark”, le note tenebrose
delle corde basse della chitarra unite al suono caldo e fortemente
malinconico del violoncello creano un tappeto di grande suggestione,
il riff è molto rock, sarebbe un ottimo brano di hard rock
alla Led Zeppelin, ma è acustico e alla fine è più
vicino a certo folk, ma credo che chi ama un certo tipo di musica
non faticherà ad amare queste sonorità cariche di suggestioni
settantiane. “Los Pajaros” è più incantata
e onirica, sicuramente più folk della precedente, ma rimane
comunque la simpatia per certo rock suonato con passione, toccante
il flauto. “East” si pone a metà strada fra i due
brani precedenti, in questo caso troviamo il contributo del sax e
tutto assume contorni splendidamente notturni e riflessivi. “T
Feel” è molto folk, delicata in certi passaggi e piuttosto
romantica, molto belli alcuni passaggi di chitarra. Non meno intensa,
anche se molto più malinconica è “Summerdreamer”.
In “Pulse” il flauto tocca l’anima, tutte ballate
che si adattano splendidamente ad evocare emozioni, cose che col cinema
ci sta proprio bene. La prima delle due cover è “White
Room”, il classico dei Cream, in apparenza non sembra avere
un collegamento col resto del repertorio, ma la resa acustica ci spiega
il gusto rock intuito in precedenza e poi non è affatto male
anche in questa veste insolita, col flauto ancora protagonista. La
seconda cover è ancora più sorprendente (forse), si
tratta di “Sabbath Bloody Sabbath”, la resa è incantevole,
il pezzo è molto riconoscibile, ma il trattamento lo rende
delicato e fresco, davvero splendido. “April” è
più impegnativa e articolata e piace perché rompe un
po’ coi brani precedenti. In certi momenti mi viene in mente
anche Ry Cooder, altro grande musicista che si è spesso cimentato
con colonne sonore, come dimenticare quella di Paris Texas, che mi
è tornata in mente ascoltando la title track, che non le assomiglia,
ma possiede una identica sensibilità. Splendida anche “Distance”,
il brano forse meno cinematografico del lotto, ma quanto feeling che
trasuda.
Un disco ottimamente suonato ed interpretato, la veste interamente
strumentale potrebbe renderlo non proprio accessibile a tutti, ma
il gusto e la bellezza contenute in questo lavoro rendono il titolo
particolarmente interessante. GB
Altre recensioni: Kai
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