Difficile racchiudere la versatilità di questa formazione nipponica in una breve recensione, anche se non si trovano molte informazioni sul loro conto. Sembra che il gruppo si sia formato nel lontano ’83, anche se all’attivo dovrebbero avere solo una manciata di album. Ma la cosa che sorprende è la musica che propongono, un mix di art rock, Cure, Nick Cave, british pop, psichedelia e qualche tocco orientale, il tutto retto da un’interpretazione piena di passione e trasporto emotivo. Il gruppo comunque è riuscito ad esportare la propria musica e nella primavera del 2007 sarà negli States in tour. Ascoltando la loro proposta si capisce che c’è del vero talento dietro quelle che sembrano composizioni piuttosto semplici, anche se efficaci.

Il sound di questa band in realtà non assomiglia a nessun altro e le undici traccie che compongono questo What Can I Do sono molto originali. Si tratta di una versione prog dei già citati Cure e Cave con atmosfere assolutamente insolite, dove la malinconia regna sovrana e accompagna l’ascoltatore in un mondo sospeso fra i sogni e le nebbie del tempo. Il cantato si alterna fra inglese e lingua madre con le voci della singer Kanako e del chitarrista Hisashi Furue che si scambiano, con prevalenza del cantato femminile. Riduttivo estrapolare un brano o cercare di descrivere delle emozioni che solo l’ascolto attento può dare, le atmosfere avvolgenti create con la chitarra spettrale di Furue e i tappeti sonori delle tastiere sono assolutamente imperdibili. Buona anche la prestazione della sezione ritmica che sostiene il sound con un groove appropriato.

Per trovare i dischi di questa formazione bisogna rivolgersi ad Internet (www.cdbaby.com), un piccolo sforzo, ma capace di ripagarvi con un sound unico e magico che davvero in pochi riescono a produrre. GB

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