Gli
Amarok sono una band spagnola composta da sei elementi che uniscono
cultura del territorio con il Rock più ricercato e contaminato.
Marta Segua è la voce, degna interprete di quei colori caldi,
dalle influenze tipicamente mediterranee con giunta di vocalizzi arabeggianti.
La strumentazione è atta al suono proposto, ci sono Whistle,
Tabla, Bosphourus, sassofoni, Santur iraniani, xylophoni e quant’altro
è portavoce del genere.
La musica proposta è conseguentemente folkloristica, diciamo
come se fossero gli Anglagard mediterranei. Il gruppo si avvale di
un nutrito seguito di guest musicians, ben otto, i quali a loro volta
danno un apporto di rilievo nella riuscita del lavoro. E’ davvero
strano ascoltare in pochi minuti così tante influenze come
la tarantella, il country, la musica araba ed africana, il tutto è
davvero fuorviante e non sempre facile da digerire. Di Rock non ne
gira molto in “Sol De Medianoche”, ma chi ama confrontarsi
con sperimentazioni etniche e quant’ altro il genere sa proporre
allora ha trovato il disco giusto.
Lo sforzo produttivo della band è encomiabile, anche se questo
tipo di suono non necessita di tante attenzioni, anzi, la diretta
schiettezza forse è la sua vera natura.
L’etichetta americana Progrock ha davvero del coraggio e alterna
prodotti tipici ad altri prettamente sperimentali e questo non fa
altro che accrescere in me la stima nei loro confronti, anche quando
il risultato non mi convince a pieno. Forse sarebbe meglio se gli
Amarok passassero di meno da palo in frasca, sicuramente l’ascolto
ne guadagnerebbe in congruenza. Anche se sono amante delle stramberie,
tutto ha un determinato filo rettore, al di fuori del quale si rischia
di non essere capiti. Comunque bravi. MS
Altre recensioni: Mujer Luna; Quentadharken
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