Grande
serata prog sabato sera a Mantova, anche se sarebbero molti i motivi
per lamentarsi… ma ne parleremo con più calma durante
la recensione del concerto. Sul palco sono saliti gli Arti & Mestieri,
una formazione nata negli anni settanta e che ancora oggi è
piena di vitalità. Il gruppo vanta un primato piuttosto strano:
sono più conosciuti e seguiti all’estero che non nel
nostro paese, nonostante la scelta del cantato in italiano, infatti
vengono chiamati ad esibirsi nei più importanti festival internazionali
di musica progressive e hanno suonato in paesi come il Giappone, gli
USA e il Messico. Non a caso verso la fine di questo anno dovrebbe
uscire il loro primo live registrato proprio in Giappone. Mentre sabato
a vederli c’erano meno di cento persone, davvero triste per
gli organizzatori constatare che si ottiene un pubblico più
numeroso con una cover band piuttosto che con artisti di questo calibro,
ma questa è l’Italia.
La band comunque non si è lasciata influenzare dalla scarsa
affluenza e ha proposto un concerto di due ore e mezza senza risparmiarsi.
Il set era diviso in quattro parti, la prima era tutta dedicata a
Tilt, il disco di debutto che è stato eseguito quasi per intero,
sicuramente il loro lavoro più progressive. Poi il tastierista
ha proposto un brano in solitario fra jazz e tensioni neoclassiche,
sono rimasto molto colpito dalla grande tecnica espressa, con soluzioni
ricche di gusto e di feeling e le parti di improvvisazione erano veramente
eccezionali, grande momento. La seconda parte era tutta dedicata al
secondo album Giro di Valzer, le sonorità della band si sono
spostate verso il jazz rock, con referenze prog meno evidenti e più
spazio per gli assoli e l’improvvisazione. Nella terza parte
sono stati eseguiti quattro brani in versione acustica, il primo “Prometeo”
era costruito su improvvisazioni di sax e batteria, molto free jazz
e sperimentale, il secondo “Canto del Mattino” è
stato eseguito da chitarra acustica, violino e flauto, il terzo “Glory”
un raro esempio di brano in inglese e il quarto dedicato a Marilyn
Monroe era un solo di batteria giocato più sui suoni e sulle
timbriche che non sulla tecnica esecutiva. La quarta parte, infine,
era dedicata a quanto il gruppo ha proposto dagli anni novanta ad
oggi con brani carichi di tensioni moderne, che in alcuni casi hanno
sfiorato i limiti del prog metal, fra gli altri abbiamo così
ascoltato “Arcansiel”, “Danza di Luna”, “Farenheit”
solo per voce e in finale una cover deli Area.
La prima considerazione che mi sento di fare è che la dimensione
ideale di questi artisti è proprio quella live, gli Arti &
Mestieri sono una band che va ascoltata dal vivo, su disco non rendono
allo stesso modo, vuoi per una teatralità connaturata, vuoi
per le sinergie che si creano fra artisti e pubblico. Detto questo
devo anche rilevare che i volumi erano veramente troppo alti, così
voluti dal gruppo stesso, e questo ha reso non sempre gradevole l’ascolto,
ad esempio si faticava molto a seguire i testi in quanto la voce era
spesso coperta dai volumi, inoltre l’acustica della sala non
era compatibile. Comunque tutti i sei elementi della band hanno suonato
veramente bene, mentre l’istrionico singer, allievo ed emulo
di Stratos, ha dato il suo contributo per spostare su un piano più
eclettico l’esibizione. Per quel che ho potuto sentire i testi
mi sono sembrati un po’ troppo ermetici per i miei gusti, ma
dati i volumi era veramente difficile capire bene parole e significato.
La gestualità del nostro era molto carica e teatrale e alcuni
passaggi vocali erano davvero difficili da eseguire. Una menzione
particolare va anche al batterista, vero leader del gruppo, che col
suo modo molto strano e quasi teatrale di suonare e con una batteria
disposta in modo molto personale, di fatto era molto più di
un motore ritmico, era veramente l’anima della formazione, forse
in certi frangenti poteva risultare anche eccessivo e ridondante con
le sue continue incursioni ritmiche, ma quello era il suo stile, prendere
o lasciare e a me francamente è piaciuto molto. Tecnicamente
pregevole anche il brano proposto in assolo dal violinista, anche
se sbilanciato sulla tecnica piuttosto che sull’emotività.
Tutti questi elementi messi insieme mi hanno fatto pensare più
all’Art Music, che non più semplicemente al prog o al
jazz. Grande spettacolo quindi.
Ora non vedo l’ora di avere tra le mani il live del gruppo per
poter rivivere certe emozioni e rigustare con maggiore attenzione
i passaggi migliori proposti da questa band singolare. GB
Line Up:
Furio Chirico, drums
Beppe Crovella, Hammond, Piano, Mellotron, Moog Synthesizer, and vocals
Lautaro Acosta, violin
Roberto Cassetta, bass and vocals
Marco Roagna, guitars
Alfredo Ponissi, Sax
Iano Nicolo', vocals
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