Rock Impressions

Autumnblaze - Perdition Diaries AUTUMNBLAZE - Perdition Diaries
Prophecy
Distribuzione italiana: Audioglobe
Genere: Dark Metal
Support: CD - 2009

Io ho conosciuto gli Autumblaze del periodo più sperimentale e intimista, con il gruppo che spaziava dal goth sound al prog, solo oggi scopro che in origine erano un gruppo di dark metal, simili per molti versi agli Anathema e agli Opeth, come loro hanno attraversato diverse fasi creative. Con questo nuovo album questi musicisti sono voluti tornare alle loro origini, quelle più metalliche e per me è stato un brusco risveglio, tanto li avevo lodati prima tanto mi hanno deluso adesso. La cosa che mi ha fatto pensare di più è che le sperimentazioni messe in atto dalla band sono state la causa del lungo stop del gruppo che ha quasi rischiato di sciogliersi, ecco spiegato perché questo ritorno alle orgini.

Perdition Diaries non ha più nessuna traccia delle magie sonore che avevo ascoltato nei tre lavori che lo hanno preceduto, da Lighthouses in poi per intenderci, si tratta di dieci tracce di metal oscuro ai limiti del black, lo chiamano dark metal e chiamano in causa i nomi altisonanti di Paradise Lost, Anathema, Katatonia, My Dying Bride, Dark Tranquillity e At The Gates, ma a me francamente sembra solo una sterile involuzione, questo tipo di metallo è già stato ampiamente esplorato e le minestre riscaldate non mi sono mai piaciute. I primi cinque brani sono tutti nel segno di un black metal con cantato gutturale, sono molto piatti e prevedibili, davvero poco ispirati. Poi, a sorpresa, il sesto brano “Empty House” torna ad esplorare atmosfere intimiste e notturne, una canzone epica con incedere lento e solenne, sembra in fondo che gli Autumblaze siano in piena crisi di identità, non che fare brani molto diversi sia un disvalore, anzi, ma non si può passare da un metal truculento ad atmosfere poetiche senza lasciare dei dubbi sulle reali intenzioni della band. Con la traccia successiva, “Neugeburt”, poi si torna ad un metal sulfureo, che non lascia spiragli di luce, ma solo tanta sofferenza e dolore. A sorpresa poi con “Ways” introducono una ballata romantica per pianoforte, lanciando ancora più sconcerto nell’ascoltatore, ma per me la magia si è già rotta. Ed ecco “The Forge” che ci riprecipita in uno sgraziato inferno dantesco. Non meglio la conclusiva “Saviour”.

Se questo disco fosse appartenuto alla prima parte della discografia della band l’avrei giudicato molto diversamente, ma così non è e per me è stata una vera delusione socprire che un gruppo che aveva dimostrato talento si è rifugiato in un album facile e qualunquista come questo. GB

Altre recensioni: Lighthouses; The Mute Sessions; Perdition Diaries

Sito Web + MySpace


Indietro alla sezione A

 

Ricerca personalizzata

| Home | Articoli | Interviste | Recensioni | News | Links | Chi siamo | Rock Not Roll | Live | FTC | MySpace | Born Again |