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BALLO DELLE CASTAGNE - Kalachakra HR!SPQR / Black Widow Records Distribuzione italiana: Masterpiece Genere: Dark Rock Support: CD - 2011 |
Quando la Black Widow di Genova sforna una nuova band, sa sempre dove andare a mirare. La caratteristica della casa la conoscerete tutti oramai, il Dark ed il Prog imperversano fra le note di queste band scelte accuratamente. E con i Ballo Delle Castagne la regola non esula, dirò di più, qui siamo avanti ad un “supergruppo”, basta guardare i componenti che ci suonano, Vinz Aquarian alla voce (Calle della Morte), Marco Garegnani alla chitarra, moog, tastiere e sitar (The Green Man), Diego Banchero al basso (Egida Aurea, Recondita Stirpe, Malombra, Segno del Comando, ZESS, etc...) e Jo Jo alla batteria. Il nome Ballo Delle Castagne gode di una particolare peculiarità, oltre che del fascino prettamente fonetico-Progressivo, ossia esso è stato una sorta di sabba orgiastico completo di cinquanta cortigiane che si ritiene aver avuto luogo in Vaticano il 31 ottobre 1501. Detto questo, veniamo al disco in se per se, “Kalachakra” è il secondo capitolo di una trilogia che si chiude nel 2012 con “Surpassing All Other Kings” dedicata a Gilgamesh, sovrano di Uruk secondo la Lista Reale Sumerica, una divinità delle religioni mesopotamiche e personaggio principale di alcune epopee religiose mesopotamiche. Il cd si presenta in una veste elegante, cartonata con tanto di libretto interno curato con tesi tradotti anche in inglese (il cantato è in italiano) e fotografie. Otto le tracce, iniziando da “Passioni Diaboliche”, ossessiva canzone dal profumo del passato, velato di oscurità e fascino. Meglio le parti strumentali, dove la chitarra mi fa tornare alla mente i migliori Landberk. Il cantato a mio avviso non è buono, penalizza l’ascolto, ma soltanto perché la timbrica non è di mio gradimento, magari ad altri può piacere, in questi casi si sa, si va a parare nei gusti personali. Ipnotica “Tutte Le Anime Saranno Pesate”, lisergica come le prime composizioni dei Pink Floyd. “I Giorni Della Memoria Terrena” gode di un cantato liturgico, solenne e spirituale, per giungere poi alla title track “Kalachakra”. Gli anni ’70 aleggiano sempre fra le composizioni. Mistico e ipnotico il sitar, che dona all’ascolto un raggio di luce colorata. “La Terra Trema” è greve, mentre “La Foresta Dei Suicidi” si apre misticamente con un piano ed una voce femminile in lontananza per inoltrare l’ascoltatore in ambiti soffusi, umidi e tetri, cari al modus operandi del maestro Antonius Rex. Per chi vi scrive è il momento top dell’intero lavoro. Si prosegue con “Omega”, dove le composizioni si supportano con gli effetti eco. Omega è il viaggio di ritorno, alla sorgente dell’uomo, fra tenebre e corpi astrali immersi in spazi siderali. Un viaggio da provare per capire meglio la musica del Ballo Delle Castagne. Di certo un certo Battiato gradisce. Chiude “Ballo Delle Castagne”, introverso strumentale che sottolinea il carattere del progetto del combo. In conclusione è un disco che va rispettato ed ascoltato con uno stato d’animo appropriato, anche se capisco che molti di voi non sono nella stessa lunghezza d’onda. Secondo me è un buon passaggio nel mondo Dark Prog, anche se con qualche angolo da smussare. MS |
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Seconda parte della trilogia principiata nel 2009 con “108”, “Kalachakra” sposta risolutamente le coordinate sonore del BdC verso la psichedelica westcoastiana ed il kraut-rock, rimanendo comunque imprescindibile la componente progressive, mentre viene decisamente meno quella goth/wave/neo-folk. Ma è chiaro che questi musicisti non intendono ancorarsi ad un genere, e noi rendiamo merito alla loro convinzione ed alla loro ricerca di una libertà espressiva che trova pochi pari. “Passioni diaboliche” irrompe con la sua carica oscura e possente, col vocalist Vinz (Calle della Morte) accompagnato dalla brava Carolina Cecchinato (prossima all’espressività interpretativa di Alice), e con una pregevole parte centrale dominio dei soli istrumenti (e le tastiere disegnano davvero vedute imponenti, come sono quelle del Tibet!). Ma mi interrompo per dedicare alcune righe, è d’obbligo in questo caso, alla confezione, la quale ricorda quella dei vinili ai quali molti di noi sono ancora affezionati, e non per mera rimembranza del passato, un cartoncino nero che racchiude il ciddì, il quale rimanda dichiaratamente al disco in nera plastica, seppur miniaturizzato (come un sette pollici ridotto, carinissimo!). Ancora Garegnani e Vinz protagonisti in “Tutte le anime saranno pesate”, l’apparato sonoro (altrimenti appannaggio del primo, mentre le liriche sono esclusiva del cantante, a parte gli inserti dal Bardo Thodol in “Tutte le anime saranno pesate” e di Klaus Kinski in “Ballo delle castagne”) de “I giorni della memoria terrena” viene fornito dagli storici prog-rockers teutonici Eloy, in un tripudio di atmosfere orientaleggianti che ancor più c’immergono nell’atmosfera straniante del progetto. Ottimo l’apporto al basso di Diego Banchero (Malombra, Il Segno del Comando, Recondita Stirpe, Egida Aurea, Runes Order, uno dei bass-player più incisivi al momento, e non solo per quanto riguarda la sola Italia) e di Jo Jo alla batteria, versatili e sempre presenti, anche con compita discrezione (si ascolti il tripudio psych della title-track e si resti estasiati ad ammirare il paesaggio che si concretizzerà davanti ai vostri occhi, tra valli fiorite incastrate tra vette dall’altezza impressionante!). Il documentarismo descrittivo di Werner Herzog (da cui il titolo dell’opera, che il regista incentrò sulla figura del Dalai Lama) indirizza tutto lo svolgimento di “Kalachakra”, vero percorso di avvicinamento alla fine di ogni cosa, alla conclusione naturale del ciclo vitale. Ecco il perché di ritmiche incombenti e di chitarre minacciose, anche se una svolta imprevista ed improvvisa può mutar tutto d’un tratto l’ambiente, rasserenandolo con violini lanciati in una folle danza liberatoria (“La terra trema”). L’accorata “La foresta dei suicidi” allarga ulteriormente l’orizzonte che “Kalachakra” abbraccia, e vede l’ausilio alla voce di Maethelyiah dei Blooding Mask, una sosta che c’induce alla meditazione, nell’intimo recesso di qualche antro, solinghi ad attendere che giunga infine il nostro momento, ed è seguita da “Omega” che pare provenire direttamente dai ’70, tanto a quell’epoca è indissolubilemente legata. Bravi gli Autori a non renderla una mera reiterazione di un’età trascorsa, anche se floridissima, ma farla propria con grande gusto. Chiude una track che, curiosamente, porta il nome dell’insieme, ed è quella che, nel suo bizzarro incedere, spezza decisamente il repertorio fino ad ora seguito: immersione nel rito, abbandono estatico, forse la preparazione alla porzione di viaggio che ci attende, in un prossimo futuro. Perché è già pronto il seguito, la conclusione del trittico, che questa volta verrà ispirato dall’epopea di Gilgamesh. Per quanto ascoltato su “108” e su “Kalachakra”, la curiosità si fa quanto mai viva e pressante: dove ci condurranno stavolta le invenzioni soniche del Ballo delle Castagne, quali nuove prove di maturità ci faranno affrontare? AM . |
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