BALLO DELLE CASTAGNE - Surpassing All Other Kings Bloodrock / Black Widow Records Distribuzione italiana: Masterpiece Genere: Dark Prog Support: CD - 2012 |
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Ritorna ad un anno di distanza da ”Kalachakra”, il Dark oscuro del Ballo Delle Castagne, a completare la trilogia dedicata all’antico re sumero Gilgamesh. Ho lasciato il gruppo nella mia recensione passata sottolineando il bisogno di smussare qualche angolo e qui in effetti un miglioramento lo si denota, a partire dall’interpretazione vocale, più sentita. L’artwork è sempre importante, elegante ed esaustivo. In forma cartonata contiene un libretto curato da Aimaproject. Nel disco suonano Vinz Aquarian (voce, tastiere, basso) e Diego Banchero (basso, cori), mentre compaiono come special guest Carolina Cecchinato, Marina Larcher (voci), Carmen D’Onofrio (voce in “Nel Viaggio”), Roberto Lucanato (chitarre), Davide Bruzzi (tastiere) e Fernando Cherchi (batteria). Il sound è sempre solennemente oscuro, a partire da “Terra Di Gilgamesh”, quasi marziale, con effetti Space Rock evocativi alla Hawkwind. I giochi sono subito pesanti. Elettrica e profonda, grazie a coralità spirituali è la successiva “Il Risveglio”, mentre ci si addentra in un mondo più Psichedelico con “Il Viaggio”. La breve e quasi strumentale “Rorate Coeli” è grezza nel suono, ossessiva, pesante ma ricolma di un fascino assolutamente spettrale, che va a scavare nell’inconscio. “Konigin Der Nacht” ha del teatrale, un piano che elargisce un tema marziale, supportato da interventi elettronici. Cantato poi in tedesco, l’effetto è esponenzialmente elevato. Segue la cavalcata “Il Segreto” ed il ronzio delle chitarre sono evidenziatore di un momento agitato, preoccupante e mastodontico. “Aquarius Age” ipnotizza, ci lascia stesi e vittime sacrificali sopra l’ara del Dark Prog. Il ritmo cambia con “Fire In The Sky”, così l’umore, uno strumentale che comunque di tanto in tanto getta l’occhio nella Psichedelia sia Pinkfloydiana che nel mondo dello Space Rock. “Enoi” è un fievole raggio di sole che spacca l’ambiente circostante di “Surpassing All Other Kings”, un oasi acustica supportata da ottime coralità con il profumo degli anni ’70. Ma è un breve frangente, la conclusiva “Apocriphon Of Gilgamesh” riporta il sound Ballo Delle Castagne nei propri ranghi. Questo disco non è altro che una conferma della validità propositiva del combo genovese, certamente un discorso mirato ad un pubblico particolare, quello che segue con attenzione ed amore le band della scuderia Black Widow, ma aggiungerei “non solo”… Spegnete la luce ed alzate il volume, se avete il coraggio. MS |
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Al di la del concetto lirico sottostante Surpassing all other kings che meriterebbe un approfondimento a parte, il nuovo parto discografico del Ballo delle Castagne poggia ancora una volta su trame musicali maestose, come potevano apparire, al viandante che per la prima volta le vedeva, le mura della disdegnosa Babilonia. Ed è il “Tema di Gilgamesh” ad introdurre opportunamente un lavoro che affascina, e che in “Eoni” cita pure il maestro Howard Phillpis Lovecraft de “Il richiamo di Cthulhu” (“The call of Cthulhu”, 1926). L’hard rock rutilante de “Il risveglio” si leva austero dalle sabbie infuocate del deserto, mosse dalle calzature chiodate delle schiere di militi in marcia fra Tigri ed Eufrate, la culla dell’umanità che ha preferito scordare la lezione della Storia, relegandola a semplice successione cronologica di vicende che paiono non riguardarla, celandola in un canto della memoria collettiva. Le sciabolate della chitarra e del moog schiaffeggiano volti indifferenti ridestandoli, l’enigmatica “Il viaggio” getta un ponte tra passato (anni settanta) e presente di certo prog umbratile, profondamente ed intrinsecamente obscuro. Bello il risultato d’insieme, eccellente l’interpretazione di Carmen D’Onofrio. “Rorate coeli” è un esperimento riuscitissimo d’ambient frippiana, col basso e col moog che s’avvinghiano su se stessi, “Koenigin der Nacht” è episodio tormentato, reso ancor più austero dal cantato in tedesco e dal pianismo crepuscolare di Davide Bruzzi. “Il segreto” è l’ultima canzone del disco, ed è assai interessante il contributo lirico; testo plumbeo, annichilente, che si contrappone ad una coda strumentale che pare aprirsi alla speranza. Quartetto finale aperto dagli umori cangianti di “Aquarius Age”; segue l’edulcorato hard psichedelico di “Fire in the sky”, cover di Yahowa 13, ensemble fondato nel 1973 dal leader spirituale della comune Source family, Father Yod, indi il frammento titolato “Eoni” che come scrissi poco sopra cita H.P.L. e le divinità dementi che dormono ai margini estremi dell’Universo e che potrebbero risvegliarsi… Chiude l’opera la marziale “Apocriphon of Gilgamesh”, la quale col suo incedere deciso par voler condurci in un luogo ben definito, conosciuto però solo dalla nostra Guida. Opera che va considerata oltre la componente meramente musicale, che è, probabilmente, secondaria ai contenuti testuali, almeno nelle intenzioni dell’autore. Non vengono risparmiate forze, e le intenzioni dichiarate chiaramente. Un ottimo viatico, chi vuol seguire lo faccia. AM |
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