Rock Impressions

Pierpaolo Bibbò - Via Lattea PIERPAOLO BIBBO' - Genemesi
M.P. Records / GT Music
Genere: Prog
Support: CD - 2018


Ritorna il cantautore del Prog Pierpaolo Bibbò dopo il buon “Genemesi” del 2012, e lo fa con un argomentazione che gli sta molto a cuore, l’amore per la propria terra. La Sardegna è al centro del concept, con le proprie gioie ed i propri dolori, una terra di colori, musici antichi, e dalle lande aride e secche, una terra abitata da uomini silenziosi e da suoni magici. Luoghi e città raccontati dall’artista anche sotto una visione a tratti dolorosa, ma sentita e piena d’ amore. Bibbò (voce, tastiere/programmazioni, chitarre acustiche ed elettriche, chitarra basso, arrangiamenti), intraprende questo percorso assieme a Simone Spano (batteria acustica e percussioni) e Fabio Orecchioni (supervisione artistica).

Il risultato si intitola “Via Lattea” ed è composto da sette canzoni. Le tastiere giocano un ruolo importante, disegnando nell’aria ambienti ampi, supportando melodie che fanno da ossatura al brano.” Dal Nuraghe Alla Via Lattea” inizia proprio così il percorso sonoro, frangenti pacati e spaziosi si alternano a programmazioni più ritmate. Questo brano strumentale potrebbe tranquillamente fare parte della discografia Ayreon, ovviamente di quelli più elettronici e meno metallici, giochi sonori che vanno a perscrutare proprio lo spazio. Più elettrica “17 Febbraio 1943”, un ritmo serrato che ben si avvinghia con il canto di Bibbò. Qui non nascondo dei deja vu che vanno a parare nel nostrano Prog degli anni ’70, specialmente nell’attimo più pacato dove un piano disegna cerchi sonori cari a band come Le Orme. Per chi ama il genere è davvero un bell’ascoltare.

“Nient’Altro” apre la strada al Bibbò più cantautorale, voce e piano ci raccontano momenti intimi e riflessivi, il lato più caldo dell’artista.

Più ricercata nell’ambito compositivo “Corso Vittorio Emanuele II (1962)”, altra canzone che lascia intravedere balzi temporali fra passato e presente. Un certo Battiato potrebbe venire alla mente durante l’ascolto, il che la dice lunga sulla qualità del brano.

Ciò che si percepisce all’ascolto di ogni brano è la libertà con cui l’artista si muove, senza limiti o costrizioni di sorta, un volo libero che di certo è contagioso all’ascolto, almeno, io personalmente questo fattore l’ho captato. Più semplice ed immediata “Il Matto Del Villaggio” del quale apprezzo i giochi eco della voce. Tornano la chitarra elettrica ed i cambi di tempo in “Quando Rinascerò”, a grandi linee si percorrono binari fra canzone e Prog proprio in stile Fabio Zuffanti quello solista.

Il disco si conclude con “Ho Quasi Smesso Di Sognare”, una nota di malinconia e di velato pessimismo che comunque donano carattere al movimento musicale.

Un ritorno importante, sentito e schietto, un disco che non ha nessun compromesso, una storia importante da raccontare e tanto sentimento, tutti ingredienti che riescono ad emozionare ed è questo che la musica deve fare. Missione compiuta. MS


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