Alcune brevi note biografiche su Tommy le abbiamo date nella rece
del primo volume di questa raccolta, che presenta del materiale spuntato
fuori come per miracolo da qualche polveroso e dimenticato scaffale.
Si parla di oltre venti nastri registrati, ma per adesso non si dice
se verranno pubblicati altri volumi di questa raccolta. Gli amanti
dell’hard rock settantiano devono gettarsi a pesce su questo
disco come sul precedente, perché queste registrazioni ci restituiscono
il lato migliore di Tommy, quello che meglio mette in mostra il suo
chitarrismo rivoluzionario.
Difficile trovare le parole giuste per descrivere le emozioni che
Bolin trasmette, perché le sue performance trascendono il concetto
di canzone, i suoi solos parlano direttamente al cuore di chi ascolta
e non possono essere racchiusi nei canoni di un liguaggio fatto di
parole. A partire da “The Grind” col suo incedere in classico
hard boogie, per continuare con il riffing di “Crazed Fandango”
che si evolve in un jazz rock molto piacevole, impreziosito dal sax
di David Sanborn, mamma mia che assoli. Passando poi per l’atipica
“People People”, costruita su un ritmo reggae. Proseguendo
per l’anthemica “Homeward Strud” ricca di virtuosismi
o attraverso la prevedibile, ma piena di classe “Sooner or Later”.
E ancora il caldo blues psichedelico di “Bagitblues Deluxe”
e la cosmica “Spacey Noodles” o le hendrixiane “Lotus”
e “Journey”. Gran finale con tre traccie dal vivo messe
come bonus, la trascinante “Bolins Boogie”, “Tommy’s
Got Da Blues” e “Some People Call Me” all’insegna
di un blues irresistibile.
Una grande varietà di stili e situazioni, un esaustivo viaggio
nel chitarrismo magico di Bolin, che a trent’anni dalla morte
continua a stupire per classe e inventiva. Certo se Tommy fosse sopravvissuto
avrebbe potuto dare molto di più e sorprenderci con nuove magie
alla chitarra, ma noi non diremo con rabbia e frustrazione “perché
ci è stato tolto?”, ma piuttosto “grazie di averlo
avuto con noi!”. GB
Altre recensioni: Whips and Roses 1
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