Il nome degli Yardbirds è entrato nella storia del rock, più
per avere avuto in formazione tre dei più grandi chitarristi
di tutti i tempi, che non per reali meriti artistici, non che fossero
una cattiva band, anzi erano dei grandi pionieri del rock blues durante
la mitica British Invasion e ci hanno regalato delle pagine memorabili
in anni in cui tutto prendeva forma e sostanza, ma avere avuto in
line up Eric Clapton, Jimmy Page e Jeff Beck, insomma non poteva certo
passare inosservato ed ha prevaricato le doti di questi musicisti.
Fortuna o maledizione? Difficile dirlo, resta il fatto che il loro
nome è rimasto noto quasi esclusivamente ai veri cultori del
rock. Ancora meno sanno che negli anni ottanta i reduci di quella
gloriosa band ci riprovarono con il moniker Box of Frogs, purtroppo
Keith Relf morì nel 1976 e i tre axemen non erano più
della partita, così ecco il cambio di nome, una forma di rispetto
che non tutti hanno avuto.
Il primo album omonimo dei Box of Frogs è uscito nel 1984 col
preciso intento di riportare in auge il rock blues, anche se la band
aveva deciso di adattare la propria musica ai tempi, dando vita ad
un mix di rock blues e di sonorità pop, tanto in voga al tempo.
Questo mix di classico e di moderno venne accolto molto tiepidamente
all’epoca, i nostalgici storsero il naso e considerarono molto
negativamente queste tentazioni moderniste, mentre i più giovani
restarono per lo più indifferenti di fronte a questo tentativo
di restaurare un genere che per loro era comunque vecchio e superato.
Nonostante questo fa un certo effetto riascoltare oggi queste canzoni
che non sono affatto brutte, solo che non sono state capite e se ne
possono comprendere le ragioni, ma una rivalutazione sarebbe anche
opportuna. Come già detto si tratta di rock blues con venature
pop, accanto alle chitarre ci sono degli intrecci di tastiere con
qualche suono vagamente elettronico, ma alle chitarre troviamo come
guest due nomi davvero illustri: il già citato Jeff Beck, presente
in ben quattro brani e il grande Rory Gallagher in altri due. Non
c’è niente di banale in tutto questo, ma il desiderio
di ammodernare un genere che molti considerano come datato.
A quanto pare l’esperimento è riuscito solo in parte,
infatti i Box of Frogs dureranno per un altro album prima di precipitare
in un prematuro anonimato. A noi resta un disco piacevole da ascoltare,
troppo pop per alcuni, troppo blues per altri, ma sicuramente ben
suonato e con buone canzoni, che non passeranno mai alla storia, ma
che non sono nemmeno da disdegnare. GB
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