Rock Impressions

Brimstone - Mannswerk BRIMSTONE - Mannswerk
Smorgasbord
Karisma Records
Distribuzione italiana: Plastic Head
Genere: Psychedelic Rock
Support: CD - 2009


Per il loro quarto album i norvegesi the Brimstone Solar Radiation Band accorciano drasticamente il nome in Brimstone, una scelta direi quanto mai azzeccata, personalmente non ho mai gradito nomi troppo lunghi, non è un caso se poi quasi sempre sono stati accorciati. Ma a parte questa breve nota biografica, la formazione è rimasta uguale nei dodici anni di attività e torna con questo disco dopo il bellissimo Smorgasbord uscito circa cinque anni fa.

L’album precedente era incentrato sulla psichedelia e sugli anni ’60, questo nuovo invece è puro prog settantiano, ma come è stato per il disco precedente non ci sono scopiazzature, la band anche in questo caso si è impegnata in modo profondo in una rilettura personale dei classici, se troveremo riferimenti ai King Crimson, ai Genesis, ai Camel sarà per un simile gusto nel comporre soluzioni armoniche articolate, vorticose, coinvolgenti e sempre piacevoli da ascoltare.

La psichedelia e lo space rock sono delle componenti primare per questo gruppo, anche in chiave prog non perdono il gusto per partiture dilatate e sognanti. Si parte con la jazzata “A Norvegian Requiem”, a parte il titolo oscuro, si tratta di un brano incalzante, che sprizza talento, non solo tecnico, ma anche e soprattutto compositivo. Ma i veri brividi arrivano con la seguente “Rubberlegged Man”, che mixa King Crimson e Canterbury in modo spettacolare. “Voodoo” è un brano complesso, con parti molto diverse tra loro, c’è di nuovo molto jazz rock, al servizio di una trama compositiva molto originale. Ogni canzone ha una propria atmosfera, anche se tutte hanno un medesimo sentire, che rende il disco omogeneo nella diversità di situazioni, un risultato frutto di un talento fuori dagli schemi. Splendida la ballata “The Giant Fire”, apparentemente semplice, con quel flavour che molti pezzi di oggi sembrano non riuscire più ad avere… eppure… Stesso discorso per l’incantevole finale di “This Is the Universe”.

È incredibile pensare come dietro una band semisconosciuta si possa celare tanto talento. Questo è il bello della musica e di chi non si stanca di cercare, ci sono sempre sorprese pronte a farsi scoprire. GB

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