La formazione guidata da Elena Previdi giunge al quarto album dopo
una intensa attività, testimoniata dall’uscita di molti
singoli ed Ep, ma soprattutto ha sempre colpito la prondità
culturale del progetto, che mescola diversi generi musicali dalla
neo classica al folk apocalittico, alle musiche ancestrali, il tutto
con un’attitudine dominante eriditata dalla cold wave e dal
post punk.
Il presente titolo vuole celebrare uno dei più grandi padri
della lingua italiana, il poeta Francesco Petrarca, un concept molto
interessante, che si distacca dai soliti prevedibili e fa di questo
disco un titolo pregevole. Come italiani abbiamo un tesoro culturale
che ci rende unici e invidiati, non voglio fare un discorso campanilista,
amo le culture di tutti i popoli, ma mi fa molto piacere se qualcuno
desidera celebrare la nostra cultura e in questo senso sono molto
grato ai Camerata Mediolanense per la scelta di questo tema.
Bello il primo titolo “Voi Ch’Ascoltate”, gli artisti
si rivolgono idealmente subito agli ascoltatori, il brano in apertura
ha connotati elettronici piuttosto oscuri e solenni, quasi fosse un
overture, poi parte una sezione di una bellezza severa e grande eleganza
con cantato neo classico. “Dolci Ire” è retta da
un ritmo antico su cui si stendono cori maschili e femminili in un
rimando continuo, musica vagamente medievale ed epica, molto belle
le melodie. “Canzone all’Italia” ricorda vagamente
i Death in June col suo ritmo militaresco e il cantato evocativo,
ma è meno apocalittica. “Altri Perfecti” cambia
completamente atmosfera, il ritmo diventa quasi ballabile, con percussioni
incalzanti e melodie più radiofoniche. “Fragmentum XXXV”
è molto sperimentale, i suoni sono duri, abrasivi, mentre una
voce femminile decanta i versi in stile spoken words, colpisce l’austerità
di questo breve brano, che apre a “Solo et Pensoso”, un
brano maestoso e lento, epico nell’incedere su tappeti di tastiere
e una ritmica cupa appena accennata e su tutto una tromba che brilla
come un raggio di sole fra le nubi. “Tremo et Taccio”
è costruita su intuizioni industrial ed un elettronica dura,
sorprende l’uso “colto” di queste ambientazioni
musicali e devo dire che il risultato è assolutamente affascinante,
anche se nella seconda parte si perde un po’ la magia iniziale.
“Vago Augelletto” è divisa in due, una prima parte
sperimentale ed elettronica e una seconda medievale e poetica, con
cantato angelico femminile, non si può certo dire che la band
non sappia osare. “Vergine Bella” possiede un’aura
sacra, l’arpeggio ha un gusto celtico, mentre il cantato insinua
pensieri di una bellezza classica, certamente legata al concetto medievale
della donna, molto ben rappresentata da questa musica soave. In “Lo
Gran Desire” torna l’elettronica, con un ritmo incalzante
e abbastanza duro, piacerà agli appassionati del genere, ma
perde un po’ il senso poetico. Bello l’incedere epico
di “O Mia Stella” e infine la carellata poetica si chiude
con “Quest’Anima Gentil”, dove torna la poesia più
pura.
Bellissimo concept e bellissimo album, la cultura italiana resa nel
suo massimo splendore da una formazione preparata e ricercata, che
con questo lavoro lascia un segno profondo nel nostro ricco panorama
musicale. La speranza ovviamente è sempre che un lavoro di
tale portata artistica non passi inosservato nel mare magno delle
produzioni discografiche odierne. GB
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