Lo scorso anno è uscito l’album di debutto di Rosalie
Cunningham, che in precedenza si era fatta notare con gli ottimi Purson,
autori di due album pervasi di amore per il rock settantiano a tinte
hard psichedeliche. Il nuovo percorso di questa artista fa tesoro
dell’esperienza con la band e va oltre, tralasciando certe ruvidezze
che ogni tanto fanno capolino, ma il sound si è fatto più
morbido, se vogliamo più pop evoluto, in particolare penso
ai Beatles, anche se non mancano momenti di enfasi rock.
Quello che traspare nell’ascolto è che alle spalle Rosalie
deve avere una profonda cultura musicale, si possono sentire richiami
a tutta la tradizione musicale inglese dai sessanta in poi, ma non
è questo che colpisce di più. La qualità prima
di questo disco è la profondità dei brani composti,
quanto questi risultano convincenti e come funzionano bene. Ero tentato
infatti di proporlo come disco dell’anno, poi ho preferito un
altro titolo, ciononostante questo album della Cunningham è
splendido. Troviamo hard rock, psichedelia, prog, pop raffinato, folk,
tutto pervaso da una vena dark e miscelato con una maestria che lascia
piacevolmente sorpresi, anche perché Rosalie ha solo ventinove
anni, quindi non ha vissuto in prima persona il periodo musicale a
cui fa più riferimento, ma è chiaro che l’ha incarnato
in modo magistrale.
Abbiamo una nuova sacerdotessa del rock e se Rosalie sarà libera
di esprimere la propria creatività sono convinto che in futuro
saprà ancora sorprenderci e incantarci con le sue composizioni
stregate. GB
|