Tornano
I Dead Soul Tribe, spegnete le luci, mettete le cuffie ed alzate il
volume! Le intenzioni dei ragazzi sono bellicose e senza perdite di
tempo andiamo a vedere cosa ci propina il cd.
Iniziamo con suoni oscuri che ci circondano, quasi al limite del destabilizzante.
Tutto intorno a noi gira, comprese le voci che più che cantare
ci sussurrano alle orecchie storie di distruzione. La polvere sembra
posarsi e fra le sue nuvole ecco fuoriuscire “Goodby City Life”.
Greve, seriosa, un monito per l’umanità con dei squarci
di luminosità dati dai tasti d’avorio e dal cantato etereo,
in parole povere un esempio di Metal Progressive, quello arricchito
di importante personalità.
Agita e destabilizza la voce di Devon Graves, gioca con il nostro
umore e ha anche il coraggio di carezzarci con un dolce flauto…
quello del diavolo.
Il songwriting è d’effetto, di quelli che raramente si
incontrano in questo ambito, si sa, di solito si seguono i Dream Theater,
come si permettono questi ragazzi a profanare la normalità
delle cose? Sacrilegio, In tutto il disco non ci sono brani riempitivi,
l’attenzione è sempre alta, così come la prova
al microfono di Graves.
La musica non dovrebbe avere etichette, queste sono solo dei paletti
per determinare le zone di competizione, ma quando si incontra una
band come i Dead Soul Tribe tutto è relativo e diventa ancora
più inutile e banale.
Siete ancora al buio con le cuffie? Allora noterete che l’oscurità
non è poi così malvagia, in essa si aggirano sensazioni
che con la luce non si vedono, i Dead Soul Tribe sanno come descriverle.
Non si cade mai nella banalità delle cose, la produzione poi
è più che discreta, autentico evidenziatore dei brani.
Non c’è da esitare nell’acquisto, a meno che il
Metal Progressive non vi interessi affatto. Dimenticavo, “A
Stairway To Nowhere” sembra stata scritta dai Porcupine Tree…
chiaro no? Che paradosso, la musica del diavolo mi manda in paradiso.
MS
Altre recensioni: The January Tree;
The Dead Word
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