Troppo spesso ci perdiamo in inutile ricerche per appellativi da abbinare
ad un certo tipo di musica, soprattutto noi recensori. Ci spacchiamo
le meningi nel cercare di interpretare e collocare ciò che
alcuni artisti cercano di dire per poi poter indirizzare il lettore
verso lo stile sonoro proposto, o perlomeno cercare di far capire
di cosa si tratta. Non sempre è così scontato o di facile
riuscita, ci sono musiche che non sempre inquadrano un genere in dettaglio
e quindi si rischia di fare la figura di colui che ne capisce poco,
visto che oggi poi con la rete tutti sono “grandi intenditori”.
Ma se l’artista riesce con la propria musica ad emozionare,
genere o non genere, l’obbiettivo è essenzialmente raggiunto.
Un esempio lo avete ascoltando la musica dei tedeschi Deafening Opera,
giunti nel 2018 al loro terzo lavoro da studio dopo il buon “Blueprint”
del 2013. Propensi ad una musica Rock Progressive dalle sfumature
Hard ma pur sempre legata fortemente alla formula canzone, Deafening
Opera dimostrano una maturazione importante che varia dall’attenzione
per la qualità sonora alla tecnica individuale. Gli assolo
e le musiche in "Let Silence Fall” sono più ricercate
che in passato, lo stile si va raffinando per raggiungere un risultato
variegato, colmo di stili e sonorità, come in un caleidoscopio
per i colori.
L’album si presenta in edizione cartonata, con l’artwork
semplice ed essenziale nella rappresentazione grafica seppur ricco
di tesi e foto ad opera di Renè Aigner. L’album contiene
undici canzoni, tutte di media o lunga durata, compresa la finale
mini-suite dal titolo “Plus Ultra” di quasi tredici minuti.
La formazione ad oggi vede Christian Eckstein(basso, voce), Thomas
Moser (chitarra ritmica), Adrian Daleore (voce), Moritz Kunkel (chitarra,
voce), Gèrald Marie (tastiere, voce) e Konrad Gonschorek (batteria).
Il cantato come nei dischi precedenti è in lingua inglese.
Un mondo sonoro policromo dunque, ad iniziare dal “Prologue”
di un minuto e mezzo con il pianoforte. Esso conduce all’ascolto
di “Deafening Overture”, un imponente muro sonoro ci sbatte
in faccia quello che è la realtà di questo concepimento,
le tastiere hanno la loro importanza ma sono le chitarre a dettare
le regole. La ritmica a tratti si affaccia nel mondo del Metal Prog,
qui si evince quello che poi sarà il leitmotiv del disco. Il
Progressive necessita di cambi umorali e di ritmo, si sa e quindi
questo è anche ciò che accade in “Down The River”,
mentre il cantato è perfettamente incastonato in questo contesto
sonoro, semplice ed ammaliante. La parte melodica e malinconica del
brano è davvero toccante ed espressiva, tutto questo senza
strafare. I brani sono tutti uniti in una lunga suite, a questo si
aggancia “Amber Light”, un tributo per i Dream Theater
più pacati e le coralità sono anche più ricercate.
Ottimo l’assolo di chitarra elettrica.
L’album cresce brano dopo brano, “The Tempest” è
davvero un frangente importante, probabilmente lo si può prendere
come esempio per sunto stilistico dei Deafening Opera e della loro
politica sonora. Qui in parole povere ci sono tutte le caratteristiche
della band.
Il semplice è complesso, altresì è complesso
essere semplici, eppure malgrado il gioco di parole il concetto viene
spulciato dai nostri protagonisti per portarlo in concretezza strutturale,
un insieme di particolari che sembrano essere assemblati con sforzo,
eppure così non è. “Sweet Silence” è
qui per testimoniarlo. Riff importanti, ma anche musica a 360 gradi,
non c’è fossilizzazione, esperienza e passione fanno
il resto, mentre per la prima volta in alcune coralità e sonorità
psichedeliche tornano a fare capolino i Porcupine Tree gruppo che
nell’album precedente sembrava essere più presente.
“Sundown” non si discosta di nulla da quanto descritto
sino ad ora, pur godendo di un incedere più aggressivo. I puritani
del Prog storceranno il naso nell’ascoltare le chitarre elettriche
distorte, eppure non sono invasive, nel contesto hanno il loro perché.
Un attimo di pausa per scendere dal muro sonoro lo si ha con la ballata
“As Night And Day Collide” e poi nuovamente in pista con
“Man And Machine”, fra classe ed eleganza. Passaggio del
testimone ad “At The Edge”, altro modo di essere diretti
e melodici. A conclusione giunge come dicevo in precedenza, la mini
suite “Plus Ultra”, che da sola vale il prezzo del cd.
Che dire? Davvero un gran bel disco, ma bello, bello, bello! Buon
ascolto.MS
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