Dharmawan è un tastierista eccezionale, ma come molti suoi
connazionali è penalizzato dalla provenienza, però dopo
essersi accasato alla newyorkese Moonjune, si sta facendo conoscere
da un pubblico abbastanza eterogeneo e internazionale. In questo suo
nuovo disco è accompagnato da tre musicisti fuori dal comune:
Boris Savoldelli alla voce ed effetti, Markus Reuter alla chitarra
“touch” e Asaf Sirkis alla batteria. Nomi che gli amanti
del jazz d’avanguardia e del prog più sperimentale dovrebbero
conoscere.
Per avvicinarvi a questo suo nuovo album dovete uscire dalla vostra
“confort zone” e accettare il rischio di affrontare l’ignoto.
Siamo in un territorio molto free, dove l’improvvisazione è
una componente fondamentale, gli elementi citati sono la base per
le avventure sonore di questi veri “esploratori” del suono.
Boris usa la voce come uno strumento, la sua grande duttilità
vocale conferisce una profondità rara, Reuter è una
macchina instancabile, in questi ultimi anni ha partecipato a tanti
progetti e in ognuno ha lasciato il segno, il suo tocco crimsoniano
è diventato un marchio di espressività, Sirkis è
un batterista fuori dal comune, anche lui usa la batteria non tanto
per le ritmiche, ma per dare colore alla musica, poi c’è
Dwiki che mostra un talento invidiabile. È tutto un susseguirsi
di virtuosismi a cui è difficile restare indifferenti. Solo
in un brano troviamo un accenno di world music, un omaggio al paese
di origine di Dharmawan.
L’unica pecca del disco è di non essere facilmente accessibile,
per questi artisti è un’esigenza, ma può anche
essere visto come un “wall” che ogni tanto bisogna abbattere.
GB
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