Gli EverEve tornano a colpire forte e duro con questo quarto disco,
che usa con equilibrio tecnologie e abilità. Tradizione e futuro
coniugati in una formula stupefacente.
Un disco intenso e disperato come ai bei tempi, quei primi anni ottanta,
dove il dolore era palpabile e la disperazione era reale. Più
o meno la stessa sensazione che si prova ammirando un quadro del grande
Eduard Munch. E' il disco più metallico di questa band, che
dopo aver perso per strada il primo singer, morto suicida, ha saputo
rigenerarsi e superare la depressione in cui era caduta.
Dodici brani uno più azzeccato dell'altro, che alternano atmosfere
evocative, come nella stupenda ed epica "This is Not", ad
altre quasi ballabili, come nella irresistibile e metallica "Someday".
Non c'è una briciola di commercialità, sono tutte tracce
suonate per coinvolgere l'ascoltatore in un vortice da cui è
impossibile fuggire, ascoltate "Suzanne" per capire cosa
intendo. Un macinato misto di Black Sabbath, Joy Division e Marilyn
Manson e, per dirla come direbbero gli EverEve, le parole si fanno
carne. La voce di MZ Eve 51 sembra uscita dritta, dritta dagli eighties,
ma quando urla non ha più nulla di old fashioned. Il batterista
ha lavorato in precedenza con Joey Belladonna degli Anthrax.
E' davvero difficile restare impassibili di fronte a questo gruppo
perverso e dannatamente gotico, che ha saputo reinterpretare il dark
dimostrando una forte personalità. Attenzione il loro veleno
non perdona! GB
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