Peter
Frampton era il Bon Jovi degli anni settanta e ha venduto milioni
di dischi, apice di quel periodo è il live del '76 Frampton
Comes Alive. Prima di intraprendere la carriera solista aveva militato
fino al '71 negli Humble Pie, memorabile band di hard rock (dei quali
vi consiglio caldamente il loro live Rockin' the Fillmore del '71,
una vera pietra miliare dell'hard rock).
La sua carriera però subisce un lento declino e la sua stella
smette di brillare, anche se Peter non abbandonerà mai il mondo
della musica. Partecipa alla colonna sonora di Almost Famous e il
successo del film gli ridona la voglia e la forza di rimettersi in
gioco.
Sono passati nove anni dall'incisione dell'ultimo disco e questo nuovo
lavoro è molto importante per Peter, è molto più
di un comeback per far felici i vecchi fans, Frampton vuole dimostrare
di avere ancora qualcosa da dare alla musica. Certo che non può
più contare sul look per attrarre le ragazze, quindi gli resta
solo la grinta e in questo disco ne mette molta.
Ci troviamo di fronte a quattordici tracce di cristallino hard rock
melodico come non se ne sentiva da tempo, anche se molti brani strizzano
l'occhio al pop, non si scade mai nel banale. L'apertura è
affidata all'hit "Verge of a Thing", forza e melodia si
fondono insieme come ai bei tempi con un riff di chitarra azzeccato
e originale. "Flying Without Wings" è il primo di
una discreta serie di brani blues, ma non è il migliore. "Love
Stands Alone" è una piacevole ballata triste. "Not
Forgotten" è ancora più dolce e romantica e anche
un tantino stucchevole. Ecco allora arrivare la calda "Hour of
Need" a rialzare il tono del disco, un blues atipico e interessante,
un po' cantautorale. "Mia Rose" è un'altra ballata
melodica semplice. Finalmente arriva traccia energica, è "I'm
Back" dove il nostro canta con dignità la sua voglia di
rivincita, molto bello e originale il riff di chitarra e anche il
solo non è male. Il brano più intenso del disco è
"While My Guitar Gently Weeps", i solos di questo brano
sono eccezionali, la chitarra corre in totale libertà su un
blues morbido e malinconico, una goduria per tutti gli amanti delle
sonorità settantiane, l'unico neo è che si tratta di
una cover di George Harrison e non di una traccia scritta da Peter.
Molto emezionante anche il blues tristissimo di "Greens".
"No Going Back" è ancora buon hard melodico, così
come la simpatica "Cleveland". "How Long is Forever"
è una canzone d'autore e chiude un album sincero e divertente.
Non si tratta di un capolavoro, ma è un disco onesto e ben
fatto, con delle belle canzoni. GB
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