Rock Impressions

Frost - Milliontown FROST* - Milliontown
Inside Out
Distribuzione italiana: Audioglobe
Genere: Prog
Support: CD - 200
6


Questo debutto è di quelli che dividono passioni e coscienze, esagerato dite? Non credo proprio, anzi… Dietro questo moniker, tra l’altro da non confondere con quello di una storica formazione hard rock di fine sessanta capitanata da Dick Wagner, c’è quello di Jem Godfrey, un nome che al popolo rock dirà ben poco, ma si tratta di una specie di re mida del pop britannico, che ha firmato e prodotto numerosi successi radiofonici come Atomic Kitten con oltre due milioni di dischi venduti, Blue, Ronan Keating, Holly Vallance e l’ultima rivelazione Shane Ward, oltre che aver collaborato con la Dream Works e la Columbia.

Cosa c’è di strano? Il fatto è che Jem si è messo in testa di rivitalizzare il prog, un suo vecchio amore, e di riportarlo ai fasti del passato. Da un tipo come lui c’è da aspettarsi un’abile mossa commerciale, qualcosa di studiato a tavolino da guardare con giusto sospetto, o forse il desiderio di levarsi un capriccio, roba tipo “adesso che ho i soldi, faccio quello che voglio”, insomma niente di onesto e sincero. Forse è proprio così, o forse non lo è? Difficile dirlo con certezza, di certo c’è solo questo disco che, ironia inglese, porta il titolo di Milliontown. Godfrey per l’impresa ha chiamato al suo fianco nientemeno che il chitarrista John Mitchell (Arena e Kino) e la sezione ritmica degli IQ con John Jowitt al basso e Andy Edwards alla batteria.

Ma come sono i pezzi di Milliontown? In fondo è questa la domanda importante. Un piano classico apre “Hyperventilate” che presto si trasforma in un prog duro e Krimsoniano, il gruppo pesta forte, ma non è abbastanza per fugare i dubbi. “No Me No You” parte con un groove molto prog metal che ricorda certi Arena, ma anche i Kino, ma è anche un brano vagamente ruffiano che, nonostante l’asprezza, strizza l’occhio al pop nei cori. Abbastanza originale è “Snowman” con le sue atmosfere stralunate. “The Other Me” è il brano più radiofonico, ma bisogna ammettere che funziona molto bene. “Black Light Machine” è più impegnativa e presenta un Mitchell veramente ispirato. La title track è una suite di oltre ventisei minuti e Jem da il meglio di se a livello compositivo, dimostrando che, sicuramente ci sa fare.

Bilancio finale? Il disco è molto ben fatto, ma i dubbi restano, perché un re del pop vuole sfondare nel prog e quanto è sincero? Tanti mezzi a disposizione, talento e un buon songwriting fanno certamente un bel disco, ma non un capolavoro e questo capolavoro non è di certo. Piuttosto credo che il nostro si sia voluto togliere uno sfizio. Se son rose fioriranno. GB

Altre recensioni:
Experiments in Mass Appeal; Day and Age

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Artisti correlati: Arena, Kino, IQ


L’amore per il Rock Progressive è scaturito in tutto il suo fervore nel nuovo progetto dei Frost (nuovo supergruppo in generis) dal titolo “Milliontown”.
Jem Godfrey (tastiere e voce), John Mitchell (chitarre e voce), John Jowitt (basso) e Andy Edwards (batteria), si lasciano trasportare da questo impeto, senza il timore di dover celare le proprie ispirazioni artistiche, senza nemmeno la paura di essere comparati a questo o quel gruppo, solamente tanta voglia di godere a pieno delle emozioni che questa musica ha saputo elargire negli anni. Ecco allora ascoltare, di tanto in tanto, tastiere alla Tony Banks (Genesis), reminiscenze King Crimson e tanta melodia, compresa quella a cui Mitchell e Jowitt ci avevano abituati nei loro progetti Arena ed IQ. Ma ecco la sorpresa, i Frost sono unici, una spettacolare creatura che vive di energia propria, difficile da catalogare e questo finalmente per la gioia di tutti coloro che vivono di Progressive e che hanno amato da morire le prime composizioni degli Spock’s Beard.

Le canzoni sono sei e tutte di durata differente, si spazia dai graziosi quattro minuti di “Snowman” ai sette della bellissima iniziale “Hyperventilate”, ai dieci di “Black Light Machine” e non manca nemmeno la suite di turno che qui porta il titolo di “Milliontown”, con quasi ventisette minuti di godimento mentale. Sprazzi di sperimentazione, distorsioni chitarristiche e strumentazione moderna per un risultato fresco e preciso, con la speranza che le nuove leve seguano in futuro anche questo nuovo cammino intrapreso. Oggi come oggi è sempre più difficile creare qualcosa di coraggiosamente personale ed innovativo (si , è vero che le note sono sette…..), i Frost ci hanno provato e grazie al cielo anche questo 2006 ha da consegnare alla storia un ottimo disco di musica Progressive.

Speriamo che questo non sia il solito supergruppo meteoritico, le potenzialità per far conoscere al mondo questa meravigliosa musica le hanno davvero tutte e sarebbe davvero un peccato non goderne più dei frutti. Eccellenti! MS

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