Rock Impressions

Gae Bolg - Requiem GAE BOLG - Requiem
Auerbach Tontranger / Prophecy
Distribuzione italiana: Audioglobe
Genere: Gothic Medieval
Support: CD - 2006

Tornano i francesi Gae Bolg col loro sorprendente sound fatto di musica medievale e marce militari, un mix di Sol Invictus e Death in June, ma con un tocco tutto personale. Non a caso dietro il progetto si cela il trombettista Eric Roger già con il gruppo di Wakeford. Il loro album precedente era incentrato su un opera letteraria del 1225, questo invece è un concept dedicato a tutte le persone che Eric ha perso, amici e parenti.

L’incedere solenne e profondamente lugubre di “Introit” apre il cd, la discesa verso l’Ade ha inizio nel modo più suggestivo possibile. “Dies Irae” coi suoi cori dissonanti ha un sapore fra il medioevale e il marziale, un brano oscuro e rituale che esprime un dolore sordo difficile da esprimere in parole. Il flauto di “Lacrymosa” riporta un po’ di serenità nel nostro animo, ma è comunque una cantilena venata di una rassegnata tristezza esistenziale. Inquietante “Improvisa Letivis…” che ha un flavour sinistro a cui la tromba di Roger aggiunge un tocco di esoterismo. “Choral I” ha un che di sacro che contrasta coi brani precedenti, sembra un brano liturgico con tanto di organo e coro. Ma la follia sonika ritorna con la stridente “March Au Tombeau”, dura come il dolore senza risposta. Il canto del pianto arriva davanti al sepolcro con “Choral II”. Ancora solennità composta in “Hymne” dove torna la tromba di Roger come un araldo addolorato che assiste impotente al compiersi del destino. Molto toccante “Choral III”. Mentre “La Flamme d’Eteint, une Vie Renait” sembra cantare la vita che nasce dalla morte. “Di Me Tuentur…” è molto neo classica, un’altra faccia della musica dei Gae Bolg. “Totentanz” è una ballata dal sapore folkloristico, ovviamente non è gioiosa, ma è mesta e solenne, con un tocco di esoterismo nel cantato. “Agnus Dei” questo titolo pone la domanda se Eric sia o meno religioso e la risposta a sorpresa è che tutto il disco è pervaso di un certo misticismo, la risposta allora potrebbe non essere così scontata come si vorrebbe. Il finale di un’opera tanto incredibile è affidata a “Pandemonium”, che non è una scorribanda disordinata, come suggerisce il titolo, ma una marcia senza ritorno verso un destino ignoto, quello che ci accomuna tutti.

Requiem è un album per stomaci forti, a volte è anche stancante e bisogna essere predisposti e dell’umore giunsto per ascoltarlo, perché è molto efficace nella rappresentazione del dolore. Non c’è uno spiraglio di luce, non ci sono risposte, ma soltanto un estetica fredda come la morte, un canto di afflizione a cui vi dovete unire solo consapevolmente. GB

Altre recensioni: Aucassin et Nicolette


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