L’uscita
del nuovo album dei Graal, un gruppo romano formatosi nel nuovo millenio
e di cui si hanno ancora poche informazioni, ci ha dato l’occasione
di ripescare il loro primo album autoprodotto uscito nel 2005. Dall’ascolto
ho la conferma di quanto siano valide le nostre formazioni, anche
se troppo spesso relegate nell’underground. Questo lo dico con
una punta di rammarico, perché per quanto ci si dia da fare,
nel nostro paese il rock sembra sempre messo in secondo piano se non
peggio, ma nonostante il panorama sia desolante nascono formazioni
di grande valore come questi Graal.
Il primo brano dell’album attacca subito con un killer riff
che ricorda vagamente i Deep Purple, incredibilemente convincenti
le melodie e su tutto una costruzione armonica che ricorda i passaggi
di certo hard prog. Un brano che lascia davvero a bocca aperta. “The
Crown” è più complessa, un mid tempo epico e più
prog del brano precedente, con punte di notevole drammaticità.
Parti acustiche si alternano a parti elettriche con impennate di tensione,
ma su tutto delle melodie stupende. “Born to Go” non può
non piacere ai fans dei primi Magnum, quelli più epici e corposi.
La title track è un breve intermezzo acustico fiabesco e sognante,
vagamente medievale e di pregevole fattura. L’hard prog torna
con forza in “Spiders”, molte sono le citazioni in questo
brano fortemente settantiano, c’è anche qualcosa dei
Sabbath, ma anche che gran bel pezzo! Più metal è “Crash
of Steel”, ma con sempre grandi partiture armoniche. Altro intermezzo
dal sapore medievale e acustico è “Words of King”.
“Demon’s Dancer” mi ricorda certe cose dei Nektar
di Man In The Moon, ma le citazioni sono sempre e solo per dare delle
coordinate, perché la musica dei Graal brilla sempre di luce
propria. C’è ancora posto per la lunga e poetica “Still
of Night”, un’altra zampata di classe, con un incedere
misterioso e coinvolgente spettacolare. Chiude l’atmosferica
“The Last and the First”, un semplice outro per un album
davvero bello.
Sarebbe bello adesso vedere che il gruppo riesce a raggiungere una
buona cerchia di ammiratori, primo perché se lo meritano e
poi perché vorrebbe dire che finalmente anche in Italia chi
fa del buon rock può avere delle possibilità. Intanto
cercatevi questo disco, perché è veramente bello. GB
Altre recensioni: Tales Untold
Per un assaggio: http://www.myspace.com/graalmusic |