Allan Holdsworth è un chitarrista che non dovrebbe avere bisogno
di presentazioni, uno dei più importanti interpreti e innovatori
dello strumento, oggi è ancora in piena attività e gira
spesso in tour al fianco di grandi nomi della scena avanguardistica
e sperimentale. Da parecchi anni ha intrapreso la carriera solista
e oggi la Moonjune mette sul mercato alcune ristampe di suoi lavori,
per la prima volta rimasterizzate. Hard Hat Area è l’ottavo
album di Allan, ma da quanto lui stesso afferma, il primo suonato
come se fosse l’album di una band. I musicisti che lo hanno
accompagnato in questo disco sono Steve Hunt alle tastiere, Skuli
Sverrisson al basso e Gary Husband alla batteria, inutile sottolineare
che sono tutti grandi virtuosi.
Il genere proposto da Holdsworth è una fusion molto più
tendente al jazz che non al rock, Allan con tempo ha abbandonato le
“Tempest” giovanili ed è approdato ad una musica
particolarmente raffinata ed elegante, fatta di emozioni e sensazioni,
molto spesso morbite, più raramente energiche, anche se non
mancano momenti di esaltazione ritmica come in “Ruhkukah”,
con un gioco di basso batteria pulsante e coinvolgente, ottimo tappeto
per le magie sonore di Allan, che produce dei suoni di chitarra incantevoli,
che molti musicisti hanno cercato di imitare senza arrivare al suo
livello, il solo poi è pazzesco e Holdsworth esibisce un’abilità
spietata. Ma l’esaltazione di poco prima si calma con l’intimista
“Low Levels, High Stakers”, dove entra subito un assolo
di tastiere molto elegante, seguito da quello di basso, tecnica sopraffina,
nulla da dire, poi entra un assolo vorticoso e vibrante di Allan,
difficile aggiungere altro, solo l’ascolto può dare le
emozioni che le mie parole non possono descrivere. Molto interessanti
le sperimentazioni della track che dà il titolo al disco, tutte
da ascoltare con attenzione. Anche nei brani seguenti il disco resta
sempre molto vario e anche se è interamente strumentale, non
si avverte un momento che sia in qualche modo inferiore al resto dell’album.
Questo Hard Hat Area conferma l’eclettismo di Holdsworth, un
musicista conosciuto più dai veri appassionati, che non dal
grande pubblico, ma sono convinto che anche un pubblico molto più
ampio saprebbe apprezzare la genialità di questo artista unico.
GB
Altre recensioni: None Too Soon; Blues
For Tony; Flat Tire
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