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            con regolarità il progetto capitanato da Jack Foster III, che 
            giunge al quarto capitolo di una discografia interessante. Al suo 
            fianco ci sono sempre Robert Berry e Trent Gardner (Magellan), che 
            lo accompagnano fin dal primo disco, ma negli anni le cose sono maturate 
            e oggi i nostri propongono un sound molto più maturo e convinto, 
            sicuramente fra le cose migliori provenienti dagli USA in campo prog, 
            anche se credo non abbiamo ancora raccolto per quello che meritano.
 La title track è un intro ad effetto molto breve, poi parte 
            il primo vero brano del cd “The Corner”, basato su un 
            prog scoppiettante, una specie di jazz metal con delicate linee vocali 
            e un arrangiamento superlativo, il gruppo è in forma splendida 
            e lo ribadisce con forza. “To Have And To Hold” è 
            più delicata, ricorda certe magie degli Yes, un brano solare 
            che unisce linee melodiche semplici ad una grande efficacia compositiva. 
            “Outbreak Monkey” propone un’apertura a base di 
            virtuosismi, ma è solo un attimo, poi la ragione prende il 
            sopravvento e ne esce un prog cangiante, dove i ritmiche complesse 
            si intrecciano con geometrie sorrprendenti, ancora jazz e metal che 
            si mescolano per il nostro piacere. I brani sono molto vari e giocano 
            a mescolare varie influenze e suggestioni, eppure album dopo album 
            il gruppo ha costruito una propria identità che emerge in episodi 
            come “Mandelbrot World”, dove la vivacità e l’esuberanza 
            sono sempre in primo piano. “God and War” presenta delle 
            parti corali polifoniche ricche di gusto, reminiscenti vagamente dei 
            Gentle Giant, brano davvero bello. “The New American” 
            col verso ripetuto “Yes we can” sembra un inno a Obama, 
            il nuovo presidente, ma forse è solo una coincidenza? Al di 
            la dei contenuti lirici è un episodio piuttosto fiacco. “Inspiration” 
            è molto meglio ma le cartucce migliori sono già state 
            sparate. Si chiude la partita con la riflessiva “Sometimes When 
            You Win”, una prova di carattere, con un buon lavoro compositivo.
 
 Jack Foster continua a confermarsi autore di talento e la crescita 
            a cui ci ha abituati non sembra arrivata al suo apice, per cui è 
            lecito attendersi ancora altri intriganti lavori in futuro, per adesso 
            godiamoci questo. GB
 
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