| Il chitarrista serbo Dusan Jevtovic, che attualmente vive in Spagna, 
            ha pubblicato nel 2013 questo suo secondo album per l’operosa 
            Moonjune, lo accompagnano il bassista spagnolo Bernat Hernandez e 
            il batterista serbo Marko Djordjevic (Sveti), considerato dalla famosa 
            rivista Modern Drummer Magazine come un vero innovatore, un astro 
            in ascesa nel mondo dei batteristi. Questo power trio ha dato vita 
            ad un sound corposo, intenso e ricco di virtuosismi. Le musiche sono 
            tutte composte da Dusan e spaziano dal jazz al prog, con sconfinamenti 
            anche nel blues, su tutto un’atmosfera molto settantiana, non 
            perché si tratta di musica retrò, anzi tutt’altro, 
            di settantiano c’è l’approccio “live” 
            dei brani, che si sente essere suonati in presa diretta, con grandi 
            dosi di feeling che fuoriescono dalle casse dello stereo.
 
 Questo mix di jazz, prog e blues emerge con traboccante vitalità, 
            l’avvio del cd è delicato, quasi ambient, una chitarra 
            quasi sussurrata pennella alcune note sospese, poi entra un hard rock 
            pulsante che si mescola col jazz, molto interessante questo mix, Dusan 
            alla chitarra è molto istintivo e passionale e presenta uno 
            stile quasi hendrixiano, Hernandez col basso costruisce un tappeto 
            molto solido e presente, il giusto trampolino di lancio per le escursioni 
            della chitarra, poi c’è il drumming fantasioso di Marko, 
            che in molti momenti mi ha veramente lasciato a bocca aperta, il suo 
            uso dei “ghost” è a dir poco spettacolare. La title 
            track è molto krimsoniana, il prog e il jazz vanno a braccetto 
            con una partitura davvero sperimentale, che piacerà tanto a 
            tutti i fans di Fripp e compagni. Bella la dinamica “Drummer’s 
            Dance”, qui Marko dà davvero sfoggio della sua abilità, 
            anche se non passano inosservati i contributi di basso e chitarra. 
            “One On One” è un pezzo fantastico, con un riff 
            stoppato molto hard rock si dipana un pezzo blues ondeggiante e pieno 
            di energia primordiale, jazz, blues e hard rock fusi insieme in modo 
            perfetto, che brividi. In tutto il disco si respira una grande eleganza 
            esecutiva, che associata all’alto tasso tecnico, crea un mood 
            particolarmente gratificante per l’ascoltatore. I brani sono 
            incastrati bene e c’è una più che discreta varietà 
            di situazioni musicali, essendo questo un disco interamente strumentale 
            è una condizione determinante per rendere fruibile l’ascolto, 
            obbiettivo raggiunto con sicurezza da Dusan e compari, che davvero 
            ci hanno consegnato un gran bel lavoro.
 
 I dischi targati Moonjune sono sempre stati molto interessanti, merito 
            sicuramente di un ottimo lavoro da parte dei responsabili di questa 
            label, che ogni volta dimostra buongusto e un grande fiuto, spesso 
            quando ci propone artisti ancora giovani e poco conosciuti come in 
            questo caso, musicisti che spesso vengono da paesi poco considerati 
            dal grande pubblico e personalmente apprezzo davvero tanto quest’attitudine 
            cosmopolita. Bravi tutti! GB
 
 Altre recensioni: No Answer; Live 
            at Home; If You See Me
 
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