Il cantante e chitarrista Oliver Rusing, dopo vari progetti, ha dato
vita ai Karibow nel 1997. Nato come studio project, i Karibow sono
via via diventati una vera e propria band e ora hanno all’attivo
diversi album. Il loro sound parte dal neo prog, ma abbraccia anche
il pop, con un’attenzione particolare alle ritmiche complesse
e alle belle melodie vocali.
“Change” apre con grande brio l’album, un pezzo
che sprizza ottimismo e speranza, sembra un inno alla vita, lo stile
è molto new prog e questo forse non piacerà agli amanti
del prog più classico, ma è un brano davvero molto ben
confezionato, con ottimi arrangiamenti e buone ritmiche. La lunga
“Primeval” è più complessa e meno immediata,
suoni di temporale e un morbido tappeto di tastiere introducono un’atmosfera
pinkfloydiana, con qualche appiglio anche ai Saga, belle le melodie
vocali e molto buoni i passaggi ritmici. “On Liquid Terrain”
viene aperta da un gioco pulsante di basso e batteria, bello il refrain.
“Believe” è un altro pezzo che trasmette ottimismo
e gioia di vita, chi mi conosce sa che sono sempre stato affascinato
dai suoni oscuri e misteriosi, che in un disco ho sempre apprezzato
il senso di dramma e di mistero, il dark sound per intenderci, ma
in verità mi piacciono molto anche i dischi “positivi”,
che esprimono gioia ed entusiasmo, emozioni in realtà molto
più difficili da tradurre su un pentagramma e devo dire che
i Karibow ci sono riusciti molto bene. Stesso discorso si potrebbe
fare per la successiva “Home of Cain”, che usa un ritmo
da marcia militare per confezionare un brano poetico e sognante. Poi
come in ogni cosa ci sono momenti che funzionano meglio di altri,
oppure che fanno più fatica ad entrare, così la piacevole
“Stella Nova” brilla meno delle precedenti, mentre forse
“Shine On” è davvero troppo pop. Tutt’altra
storia con l’epica “Collaborator”, ottima l’apertura
drammatica affidata ancora ad un ottimo intreccio di basso e batteria,
uno dei momenti più prog del disco. “The Cry” è
un altro brano dal piglio fortemente radiofonico, che funziona come
un orologio, con quel gusto tutto tedesco per le belle melodie. Molto
aggressiva la partenza della traccia successiva, uno strumentale pieno
di buone idee. “Spark” è una ballata pianistica
molto intimista. “Place to Be” mi ricorda ancora vagamente
i Saga, pur avendo una sua identità, ottimi cori che mettono
voglia di cantare. Funziona bene anche “The Violent Plains”,
più heavy rock delle precedenti, ma sempre con un tiro contagioso.
“Always There”, “Something” continuano sulla
scia dei brani precedenti, con un buon piglio, ma senza aggiungere
molto. Chiude “9/10” recuperando tutto il gusto prog del
gruppo, il brano è nervoso e di buon spessore, con cambi di
ritmo alla Dream Theater, ma sempre con grandi melodie, ottimo finale.
Se per voi le parole “easy listening” sono problematiche
e cercate sperimentazioni ai limiti del rumorismo, allora questo disco
non fa per voi, ma se cercate del prog intriso di melodie ariose e
accattivanti, se avete voglia di cercare il bello prima del complicato
e di evadere dal grigiore quotidiano, con un prog non troppo cervellotico,
allora questo disco è un must have. GB
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