Ricordo il primo incontro musicale con i Lilith and the Sinnersaints,
un po’ per la copertina provocatoria, un po’ per il nome
insolito e soprattutto per la musica, un ottimo rock, ricco di cultura
e molto ben suonato. Del resto si tratta di musicisti con un background
di tutto rispetto. Per le note biografiche vi rimando alla recensione
precedente, la band con gli anni si è consolidata, oltre alla
cantante Rita Lilith Oberti ci sono il batterista Antonio Bacciocchi,
il chitarrista Massimo Vercesi, il bassista italo messicano Christian
José Cobos e la flautista Sabina Vercesi. Dal punk rock degli
esordi (Not Moving), la band in seguito si è diretta ad un
post rock venato di blues.
Il disco si compone di dodici tracce tutte composte dal gruppo, non
ci sono covers. Il primo è “Sa Furca”, una ballata
blues in dialetto (usato per un altro paio di pezzi), i suoni sono
desertici, uno strano incrocio fra Davide Van De Sfroos e Mark Ribot,
si sente subito la profonda cultura della band, che è mostrata
con devozione e serietà a beneficio degli ascoltatori più
esigenti, ma fruibile anche per chi conosce poco l’underground,
ma ama la buona musica. Sempre in chiave blues è “Canto”,
brano dal sound garage che mi ricorda il revival sixties di anni ottanta.
Molto più sofisticata “Nero”, aperta da un bel
giro di basso, una ballata dal sapore popolare alla Nick Cave, molto
elegante, in certi momenti mi ha ricordato l’Enrico Ruggeri
più chansonnier e anche un po’ Massimo Bubola. Con “(Vorrei
parlarti di) Rivoluzione” si passa ad un testo decisamente impegnato
e bello, con una linea rock incalzante che mi piace parecchio, ottimo
il chitarrismo di Vercesi. Calda la voce di Rita “Lilith”,
un po’ alla Patty Smith, lievemente ruvida, ha un che di sensuale
che rende morbido ogni brano che interpreta. Via via che si susseguono
i brani si viene sempre più avvolti dalle sonorità di
questa band ricca di personalità, una voce che si distingue
nel nostro piatto panorama tricolore. Ogni brano ha una sua identità,
ma lo stile è sempre un post rock blueseggiante, ora più
ruvido ora più carezzevole, con venature diverse, ma fedele
ad una scelta di fondo.
Questa band è sempre più brava, il suo rock cantato
in italiano è sempre più personale e convincente. È
un privilegio poterli ascoltare. GB
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