I Magic Pie sono norvegesi e questo è il loro secondo album,
a due anni di distanza dall’ottimo Motions of Desire. Il gruppo
si è fatto notare in particolare in sede live e questo ha dato
una discreta notorietà alla formazione, del resto è
sempre stato con i concerti che un gruppo costruisce la propria reputazione.
Il sound dei Magic Pie in effetti non è particolarmente innovativo,
più che altro si tratta di prog eccellente, in buona parte
legato ai grandi classici come Yes, Gentle Giant, King Crimson, Pink
Floyd e in parte attento anche alle nuove proposte come Spock’s
Beard, RPWL e Flower Kings, ma questa formazione norvegese ha un dono
speciale, compone delle ottime melodie. Un plauso particolare anche
all’artwork che mi ha subito colpito per la sua originalità,
anche se sono stati usati dei dipinti che risalgono al ’75!
L’album apre nel segno della tradizione con l’imponente
suite “Circus of Life” composta da cinque parti, delicata
e onirica “Welcome”, più intro che canzone. “Freakshow”
è una prova di forza, gli ingredienti del prog d’autore
ci sono tutti: grandi scorribande ritmiche, nervosismo e forza drammatica,
un ottimo tessuto narrativo supportato da una solida preparazione
tecnica per uno strumentale che non mancherà di farsi amare.
“What If…” apre in modo psichedelico e riflessivo,
le melodie sono apparentemente semplici, solari, ma denotano un grande
impegno compositivo molto apprezzabile, le influenze Floydiane sono
innegabili. “Trick of the Mind” con i suoi ventuno minuti
e coi quattro atti è una suite nella suite, il gruppo sfodera
tutte le sue armi, un brano superlativo dove ancora una volta si apprezzano
le doti di questa band che unisce mirabilmente energia, creatività,
tecnica e gusto. “The Clown” la prima parte ha una cadenza
malinconica, bello il contributo di alcuni archi, che danno un notevole
pathos, poi entra un solo di chitarra profondo, toccante e il brano
prende quota. “Pointless Masquerade” non può non
rimandare ai Gentle Giant e agli Spock’s, resta comunque un’interpretazione
abbastanza personale, ritmi selvaggi e duri, grandi armonie vocali
con più voci, del resto il gruppo conta ben tre lead vocals!
Il brano comunque è piuttosto cangiante, emergono anche richiami
a Yes e altri ancora, ma le citazioni nel complesso dell’album
sono più che accettabili. La chiusura è affidata a “Watching
the Waters”, siamo ancora immersi totalmente nel prog, un sound
prepotentemente ricco e sontuoso, il gruppo ha un gran carattere e
lo mette in mostra con una grande disinvoltura.
I Magic Pie sono dei grandi, non stanno proponendo nuove strade per
il prog, ma il loro contributo non è da sottovalutare e poi
chi ama il prog non può non apprezzare questo disco corposo
e molto ben fatto, un classico dei giorni nostri. GB
Altre recensioni: Slottsskogen Goes
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