I
Mad Mice dopo una lunga carriera hanno cambiato nome in Mantra e finalmente
pubblicano il tanto atteso album d'esordio. Sarà la copertina,
sarà il titolo del disco, ma come parte la musica mi sento
catapultato indietro di trent'anni e le ombre del grande dirigibile
iniziano a vorticare nella mia camera. Non si tratta assolutamente
di plagio, ma di amore viscerale per le proprie "radici".
Per molti aspetti il disco è accostabile anche agli stupendi
album dei Badlands, hard blues di gran classe, di quello che ti prende
le viscere e ti fa sussultare.
Il disco apre con "Different Keys", una traccia grintosa
che stabilisce subito le regole del gioco e mostra un sound compatto
e all'altezza dei prodotti d'oltralpe. "Dirty River" è
un gran blues (poteva essere diversamente col titolo che si ritrova?)
ed è molto bravo il singer JacopoMeille ad incarnare il perfetto
vocalist tutto anima e cuore degli anni settanta, che ugola! "The
Architecture of the Sky" parte con un intro orientale e si trasforma
in un brano d'atmosfera, una ballad triste e complessa, una prova
d'autore a testimonianza della buona vena compositiva della band.
"Garden of Secrets" è un concentrato di riffs, dove
il chitarrista Gianluca Galli si fa apprezzare, uno che rocka alla
grande. Ma i tredici pezzi che compongono l'album hanno tutti qualcosa
da raccontare e non è possibile in questo breve spazio citarli
tutti.
La cosa principale che mi ha regalato questo disco è un'ora
di sano divertimento e a me piace così. GB
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