Rock Impressions

Mantra MANTRA - Hard Times
Horus

Ad un anno di distanza dal disco d'esordio ecco arrivare il nuovo album dei Mantra, una formazione con un lungo passato alle spalle e con una grande voglia di rivincita. Il gruppo non si discosta molto dalle sonorità seventies a base di Led Zeppelin e Badlands espresse sul primo lavoro, ma i suoni sembrano essere diventati più taglienti, la miscela è più metal e un po' meno blues e in questo senso i nuovi brani tendono più all'hard rock americano.

Il primo pezzo è la rocciosa "The Dark", il riff principale è ancora di stampo Zeppeliniano, ma l'incedere è più moderno, i cori ricordano certe linee melodiche degli Uriah Heep e nel riffing c'è un'attitudine "cattiva" che richiama anche i famigerati Black Sabbath, un brano veramente riuscito. "Red Oak Wood" è una canzone dal grande impatto emotivo col suo riffing stoppato e delle ottime parti vocali, la lezione dei '70 viene rivitalizzata. "Sand Cake" parte con un intro orientale, mentre l'incedere del pezzo ricorda certe cose di Mr Glenn Hughes, in definitiva è una traccia un po' scontata, ma è divertente. "The Big Wave" è il mio brano preferito, ha un ritornello che si ricorda subito, semplice e piacevole senza troppe pretese, ma molto efficace. "Memory Song" è una ballata acustica piuttosto personale e convincente, potrebbe tranquillamente essere uscita dal songwriting di uno dei maggiori gruppi americani.

"Family Man" è una delle tracce che mi hanno convinto di meno, ha una struttura complessa e oscura, ma mi sembra che il gruppo riesca meglio nei pezzi anthemici. In "Still Looking Out" torna l'amore per l'oriente e il riffing blueseggiante parla da solo, sicuramente questo è il territorio dove la band riesce ad esprimersi al meglio. Per gli amanti delle raffinatezze di chitarra arriva l'acustica "The Normal Thing", una prova d'autore. "Kick My Mind" ci riporta su atmosfere più ruvide e la struttura cadenzata Sabbathiana è irresistibile e tutti gli amanti del true hard rock devono assolutamente ascoltare questo pezzo! "King of Darkness" vuole flirtare con tematiche oscure, ma le linee vocali sono solari e continuo a pensare che il gruppo sia più efficace in altri pezzi. "Endless Circle" mantiene alto il tenore dell'album provando soluzioni nuove e riuscite nelle parti cantate. "Crying Crocodiles" è il brano più "cattivo" e metallico, ma come anche per altre tracce precedenti i cori tolgono un po' di malignità e "americanizzano" il risultato, senza cori il brano sarebbe stato veramente forte. Il lento epico "After the War" chiude con una pennellata di struggente malinconia un album molto coinvolgente e grintoso. Ci sono anche un paio di bonus: l'elettrica "Life and Devotion", che ha un'ottimo assolo, e la riproposizione in chiave semi acustica di "Family Man".

La band è in forma smagliante, ha grinta e passione da vendere e offre un rock duro senza compromessi. Io non chiedo di più. GB

Altre recensioni: Roots; Hate Box

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