Rock Impressions

Marbin - Breaking the Cycle MARBIN - Breaking the Cycle
Moonjune
Distribuzione italiana: IRD
Genere: Fusion / Avantgarde
Support: CD - 2011

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Il saxofonista Danny MARkovitch e il chitarrista Dani RaBIN (dalla contrazione dei cognomi il nome della band), giovani israeliani di grande talento e poco più che ventenni, sono i responsabili di questo nuovo progetto musicale giunto al secondo album, patrocinato dalla attenta Moonjune di Leonardo Pavkovic, una label che in questi anni si è distinta per la qualità delle proprie produzioni. I due sono dediti ad una fusion molto melodica, con un carattere che può avvicinarla anche agli appassionati del prog. Nel loro sound hanno incamerato anche soluzioni musicali che sembrano arrivare dalla loro terra, che musicalmente conosco ancora poco, perché ci sono molte soluzioni dal sapore “orientale”, che non si sentono normalmente nelle nostre produzioni e tanto meno in quelle anglosassoni. Al loro fianco, a dimostrazione della caratura di questi due giovani artisti, troviamo delle vere stelle: il batterista Paul Wertico, noto in particolare per la sua collaborazione con Pat Metheny, ma che ha collaborato ad una marea di album; il bassista Steve Rodby anche lui preziosa spalla di Metheny; il percussionista Jamey Haddad che vanta collaborazioni con Herbie Hancock e Simon & Garfunkel fra i tanti.

Ma veniamo alla musica, la prima impressione che si ha è subito molto piacevole, “Loopy” apre il cd con energia, ottime le dinamiche ritmiche del pezzo e convincente la struttura melodica, che fa pensare ad una fusion venata di rock a tratti quasi hard, poi sax e chitarra iniziano a tuffarsi in assoli molto tecnici, ma anche pieni di gusto, che scintille. Non voglio fare un track by track, perché finirei a dire sempre che ogni brano mi piace, che mi ha coinvolto, che ci sono momenti davvero entusiasmanti, perché tutto il disco è davvero bello, il songwriting è vario, per cui non ci si stanca mai e poi è suonato in modo egregio, cosa si può volere di più, se a tutto questo si aggiunge che molte soluzioni armoniche sono personali e “nuove” per molte orecchie, allora avvicinarsi a questo lavoro diventa un dovere.

Fa sempre piacere ascoltare musicisti di talento, se poi sono anche bravi a comporre musiche interessanti il piacere aumenta ancora di più, qualcuno forse potrebbe trovare questo disco anche “troppo” facile da ascoltare, quasi come se questo possa essere un difetto, insomma, non è abbastanza sperimentale, non è abbastanza “impegnato”… ma io dico che proprio questa “facilità” d’ascolto rende questo disco ancora più intrigante e riuscito, non è poi così facile fare musica che entra nel cuore e non solo nella testa. GB

Altre recensioni:
Last Chapter of Dreaming; The Third Set

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