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Il saxofonista Danny MARkovitch e il chitarrista Dani RaBIN (dalla
contrazione dei cognomi il nome della band), giovani israeliani di
grande talento e poco più che ventenni, sono i responsabili
di questo nuovo progetto musicale giunto al secondo album, patrocinato
dalla attenta Moonjune di Leonardo Pavkovic, una label che in questi
anni si è distinta per la qualità delle proprie produzioni.
I due sono dediti ad una fusion molto melodica, con un carattere che
può avvicinarla anche agli appassionati del prog. Nel loro
sound hanno incamerato anche soluzioni musicali che sembrano arrivare
dalla loro terra, che musicalmente conosco ancora poco, perché
ci sono molte soluzioni dal sapore “orientale”, che non
si sentono normalmente nelle nostre produzioni e tanto meno in quelle
anglosassoni. Al loro fianco, a dimostrazione della caratura di questi
due giovani artisti, troviamo delle vere stelle: il batterista Paul
Wertico, noto in particolare per la sua collaborazione con Pat Metheny,
ma che ha collaborato ad una marea di album; il bassista Steve Rodby
anche lui preziosa spalla di Metheny; il percussionista Jamey Haddad
che vanta collaborazioni con Herbie Hancock e Simon & Garfunkel
fra i tanti.
Ma veniamo alla musica, la prima impressione che si ha è subito
molto piacevole, “Loopy” apre il cd con energia, ottime
le dinamiche ritmiche del pezzo e convincente la struttura melodica,
che fa pensare ad una fusion venata di rock a tratti quasi hard, poi
sax e chitarra iniziano a tuffarsi in assoli molto tecnici, ma anche
pieni di gusto, che scintille. Non voglio fare un track by track,
perché finirei a dire sempre che ogni brano mi piace, che mi
ha coinvolto, che ci sono momenti davvero entusiasmanti, perché
tutto il disco è davvero bello, il songwriting è vario,
per cui non ci si stanca mai e poi è suonato in modo egregio,
cosa si può volere di più, se a tutto questo si aggiunge
che molte soluzioni armoniche sono personali e “nuove”
per molte orecchie, allora avvicinarsi a questo lavoro diventa un
dovere.
Fa sempre piacere ascoltare musicisti di talento, se poi sono anche
bravi a comporre musiche interessanti il piacere aumenta ancora di
più, qualcuno forse potrebbe trovare questo disco anche “troppo”
facile da ascoltare, quasi come se questo possa essere un difetto,
insomma, non è abbastanza sperimentale, non è abbastanza
“impegnato”… ma io dico che proprio questa “facilità”
d’ascolto rende questo disco ancora più intrigante e
riuscito, non è poi così facile fare musica che entra
nel cuore e non solo nella testa. GB
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