Continua la corsa dei cosmopoliti Marbin, un quartetto che mi ha molto
impressionato fin dalla prima volta che li ho ascoltati. Questo a
discapito del titolo è il loro quarto sigillo, che rappresenta
un ulteriore passo avanti nell’evoluzione del sound di questi
musicisti.
Sempre più funambolici, sempre più duri, sempre più
ricchi di sonorità, i Marbin spaziano con sicurezza dalla fusion
al prog, dal jazz al metal, dal funky al rock ‘n’ roll
alla world music, non ci sono limiti ne barriere, con un tasso di
virtuosismo stellare e una fruibilità complessiva ugualmente
elevata. Non è facile coniugare energia e grandi virtuosismi,
ma i duetti fra la chitarra di Rabin e il sax di Markovitch vi dimostreranno
quanto sia possibile, tutto costruito sulle ritmiche complesse del
duo Jae Gentile al basso e Justin Lawrence alla batteria. Il disco
è interamente strumentale ed è difficile selezionare
un brano sugli altri, sono tutti molto belli e rappresentativi, con
un ottimo sviluppo d’insieme. Ci sono momenti di pura estasi,
altri di grande coinvolgimento, un disco sopra le righe, di quelli
che non si dimenticano, anche se non è certo una proposta per
il grande pubblico.
Disco dopo disco abbiamo superato la sorpresa, abbiamo assaporato
la conferma della bontà del progetto, questo ultimo è
sicuramente quello che sancisce in modo definitivo ed inequivocabile
la solidità del sound di questi musicisti superlativi. I Marbin
sono una band che non può lasciarvi indifferenti. GB
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