Oramai
il nome di Alex Masi fra gli estimatori della chitarra è più
che noto, un artista polistrumentista che anche questa volta si assume
la responsabilità di suonare tutti gli strumenti. “Theory
Of Everything” giunge a noi dopo quattro anni da “Late
Nights At Desert’s Rimrock” ed è composto da dieci
brani strumentali in stile Fusion Rock. Il chitarrista italiano è
eclettico, ricerca sempre nuove emozioni, questa volta le ritrova
in influenze stilistiche differenti quali il Metal, l’Hip- Hop
ed il Funk, restando ovviamente sempre nei binari del Rock. Stralci
elettronici nella title track, una partenza del disco a cento all’ora,
dove la personalità di Masi si fa largo fra le suddette influenze.
La chitarra percorre scale tecniche di buona fattura e non si perde
in inutili fronzoli. Infatti quello che colpisce in principale modo
è il songwriting, frizzante e multicolore, con un buon uso
della tecnologia.
L’arabeggiante “Ladies Of The House” ci riporta
all’Alex che conosciamo, quello degli assolo melodici, dove
l’anima dell’artista ben si amalgama con la struttura
Rock del brano. Attenzione all’irruenza di “Queen Of Headfuck”,
energia solida e rimarcata da una ritmica incalzante che fa da tappeto
alle ricerche chitarristiche, avvallate da suoni a tratti tecnologici.
La musica si fa largo con carattere, l’esperienza dell’artista
non è cosa da poco, considerando che già suonava nei
primi anni ’80 nei Dark Lord, band di NWOIHM. Per entrare nei
suoni più intimi e ricercati bisogna giungere a “The
Past”, un momento di quiete raffinato, scandito dalle delicate
note della chitarra. Ovviamente si riparte subito alla carica adrenalinica
con la successiva “Breakfast At Owsley’s”, anche
se questa canzone mi lascia più indifferente, nel senso che
si standardizza nella norma dei prodotti del genere. “Big Bad
Science” si lascia preferire, veloce e intelligente nella sovrapposizione
della chitarra, un suono più ricercato e grinta da vendere.
Certo non si può dire che a Masi manchi la fantasia, “Scratch
The Meat” è affascinante sia per la qualità dei
suoni che per gli assolo, suoni scuri, metallici che narrano bene
la civiltà moderna, nervosa e grigia. Gioviale solamente il
finale, comunque sicuramente uno dei pezzi più belli del disco.
C’è del Blues come base nella musica del buon 90% dei
chitarristi, consapevolmente o meno tutti si piegano a questa legge,
Alex lo fa con carattere in “Jam On Haunted Hill”, dove
le dita volano sulla tastiera più velocemente. “Have
A Talk With God” ha un incedere a dir poco trascinante e melodico,
coinvolgente ed irresistibile, mentre la conclusiva “Soul Virus
Hack” mostra sia i muscoli, che un artista in piena forma.
Questo è un disco gradevolissimo, senza attimi di calo, ma
mi sento di dare un consiglio al bravo Alex, questi brani sicuramente
acquistano un buon 30% in più di energia se vengono suonati
da una vera band. Questa è una virgola, per il resto semaforo
verde agli acquirenti, qui c’è tecnica e melodia, il
tutto senza strafare. MS
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Late Night at Desert's Rimrock |