| Nel mondo del prog è sempre più difficile trovare proposte 
            originali, che si distinguono. Con questo non voglio sposare la tesi 
            di chi dice che oggi il prog sia “regressive”, dico solo 
            che per essere originali bisogna proprio impegnarsi. Oppure bisogna 
            avere un qualche dono speciale. Questo è il mio primo approccio 
            col progetto Monjoie, che dura da diversi anni, quindi al momento 
            non conosco i loro lavori precedenti, ma questo mi ha veramente colpito. 
            Anche se è vero che molti artisti non accettano di essere etichettati 
            come prog, quello che un tempo era sinonimo di qualità di musica, 
            di eleganza sonora e di ricerca sopraffina, oggi è diventato 
            l’equivalente di una condanna ad un pubblico di stretti appassionati 
            e foriero di valanghe di critiche di chi vorrebbe che tu suonassi 
            in non si sa bene quale modo.
 
 Questa band sfugge a tutte le regole e le caratterizzazioni, ho parlato 
            di prog nel senso più alto, perché la loro ricerca sonora 
            veramente merita questa qualifica. Il loro sound è personalissimo, 
            ovviamente si possono trovare delle assonanze, immaginate se gli Smiths 
            avessero incrociato i Genesis con un gusto neoclassico e una forte 
            vena malinconica, che talvolta raggiunge anche territori propriamente 
            dark. Tutto sorretto dalla voglia di fare musica piacevole da ascoltare, 
            che privilegia belle melodie anche nei momenti più intensi. 
            Ecco allora snodarsi quindici composizioni che suonano come poesie 
            musicate di grande bellezza, con soluzioni armoniche davvero distintive.
 
 Questo disco mi ha affascinato ed è molto probabile che per 
            me sarà il disco dell’anno. GB
 
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 Underneath 
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