Ecco un titolo che aspettavo con interesse, il disco precedente dei
Monjoie mi aveva conquistato, un lavoro di squisita sensibilità,
che presentava un felice intreccio di stili musicali diversi, desideravo
sentire come la band avrebbe provato a dare seguito alle felici intuizioni
mostrate. Il progetto, che comprende oltre una decina di musicisti,
ha alcuni elementi di continuità nel cantante Alessandro Brocchi,
nel chitarrista Valter Rosa, in Davide Bigietto e Alessandro Mazzitelli,
che suonano diversi strumenti. Ci sono poi altri strumentisti che
arricchiscono e rendono profondo il sound del gruppo.
Come per il disco precedente, anche in questo vengono proposte poesie
di alcuni grandi autori inglesi, Keats, Shelley e Byron, la componente
gotica è profonda, da un certo punto di vista potremmo definire
la musica dei Monjoie come un gothic prog, nel senso letterario e
artistico del termine, quindi non sorprende che ci siano molti riferimenti
anche ai panorami musicali che maggiormente hanno esplorato queste
tematiche. Il cantato ricorda band anni ’80 come i Joy Division
(non così cupi), con musiche che mescolano in modo libero prog,
jazz, cold wave, folk e altro alla ricerca di una originalità
che emerge con forza.
Ma su tutto il progetto domina la poesia, liriche che si fanno musica.
Tante volte mi è capitato di ascoltare musiche che si ispirano
a dei testi, anche molto famosi, ma che se le ascolti senza conoscere
i temi che le ispirano non collegheresti mai le due cose. I Monjoie
riescono ad esprimere con abilità le atmosfere proposte nei
testi, tanto che musica e parole diventano un tutt’uno. GB
Altre recensioni: And in Thy Heart Inurn Me;
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Underneath
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