Dopo la pubblicazione del mini cd Valg nel 2004 ecco finalmente il
primo vero album dei norvegesi Neun Welten, che propongono una personale
rilettura del folk nordico. Il termine folk anche in questo caso,
come per altri compagni di etichetta come i Tenhi o gli Agalloch,
non deve far pensare alla musica celtica, ma ad uno stile più
crudo e rituale, naturalista, che parla di natura con un linguaggio
arcaico e vagamente tribale e prevalentemente strumentale.
Il disco è diviso in tre parti: Nebelung, Nordwind e Sonnwend,
che si spartiscono i dieci brani. Non a caso è proprio il suono
di un temporale e della pioggia che apre l’album prima dell’attacco
di una chitarra acustica arpeggiata con decadente malinconia, poi
entra un evocativo strumento ad arco che sembra arrivare da molto
lontano, in seguito si unisce un flauto dolce. Dopo questa parentesi
parte la batteria con un incedere preso da certo metal, ma presto
il tutto ritorna a melodie più sussurrate e sono come onde
che si rincorrono. Grande eleganza densa di tristezza arriva con il
secondo brano “Walden” dominato ancora da un delicato
arpeggio di chitarra acustica, ma le atmosfere sono veramente molto
simili a quelle del brano precedente. Più bucolica è
“Nebelland” e qui qualche eco celtico è presente,
quasi una danza mesta. “Nordwind” è aperta ovviamente
da un vento, ma è quasi dolce, le note sono sempre riflessive
e poetiche. Molto bello l’incedere di “Auf Kargem Fels”,
con un oboe che si insinua come un serpente nella mente, sicuramente
il brano che più resta in testa dell’intero cd. Il sesto
brano è il primo cantato con un incedere solenne e sacrale
che aggiunge un tocco medievale al sound dei nostri. “Sonnwend”
si apre col canto dei grilli e siamo in una giornata rilassante di
mezza estate. Ma non voglio svelarvi proprio tutto.
La pecca maggiore di questo disco è di essere poco cantato,
non che questo sia un difetto grave, ma certe melodie sono bellissime
e credo che con una voce giusta sarebbero state valorizzate meglio.
Comunque già così il disco dei Neun Welten (che significa
“cammini dimenticati”) è veramente bello e farà
un figurone accanto ai capolavori dei Dead Can Dance, dei Current
93 e perché no, anche a quelli dei nostri Ataraxia. GB
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