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            Le Orme, una delle formazioni più significative del nostro 
            panorama prog, ha perso per strada un altro pezzo della propria storia, 
            Aldo Tagliapietra è uscito dalla band per divergenze non ancora 
            chiarite, una ferita certo, una ferita profonda che poteva segnare 
            la fine dell’avventura di una delle formazioni più care 
            del prog tricolore… e invece rieccoli qui con un disco che sembra 
            segnare una nuova rinascita artistica di questa storica band a cui 
            siamo affezionati per le grandi pagine di musica che ci hanno saputo 
            regalare. Non voglio dilungarmi con note biografiche, delle Orme si 
            sa o si dovrebbe sapere l’importanza, passiamo quindi alla musica 
            contenuta in questo nuovo disco dal titolo suggestivo.
 Le Vie della Seta è un’opera rock che, visti i tempi 
            che stiamo vivendo, suona quanto mai attuale, il viaggio di Marco 
            Polo ha rappresentato uno storico incontro di popoli e culture, che 
            ancora oggi ci interroga e ci stimola varie riflessioni, un tema sicuramente 
            azzeccato per un’opera prog dai molteplici contenuti. L’avvio 
            con “L’Alba di Eurasia” pone subito in chiaro che 
            la band ha voglia di fare prog, uno stacco di batteria pomposo e articolato 
            lascia il posto ad un delicato arpeggio di chitarra molto poetico, 
            è l’inizio in grande stile di un disco che si preannuncia 
            ricco di contenuti. “Il Romanzo di Alessandro” ha un incedere 
            sottolineato da un basso pulsante, è uno strumentale dove la 
            band sembra volersi riscaldare con ritmiche dinamiche, ma la vera 
            magia arriva con la visionaria “Verso Sud”, fa il suo 
            ingresso il singer Jimmy Spitalieri, che è dotato di una bella 
            voce molto calda e ci fa sognare fasti passati, nuovamente vivi. “Mondi 
            Che Si Cercano” ci permette di gustare la bravura di Michele 
            Bon, con dei virtuosismi di tastiere che ci avvicinano alla musica 
            classica. Una serie di pezzi brevi creano un crescendo che si conclude 
            con la muscolosa “29457, L’Asteroide di Marco Polo”, 
            altra zampata di classe. Ogni traccia è un piccolo affresco, 
            ma si sente una forte unità compositiva, ottimi i suoni e curati 
            gli arrangiamenti, Le Orme hanno fatto un gran lavoro per cancellare 
            ogni dubbio sulla bontà della loro tenuta artistica. Molto 
            riuscita anche “La Prima Melodia”, i cuori degli appassionati 
            di prog settantiano batteranno forte su questo brano. Il disco funziona 
            dall’inizio fino alla fine, che si conclude con la title track, 
            apoteosi finale.
 
 Non credo sia facile dare alle stampe un disco così bello per 
            una band che ha alle spalle una tradizione così lunga, ma questi 
            artisti sono riusciti in un’impresa sicuramente dagli esiti 
            tutt’altro che scontati. Ora sta a vecchi e nuovi fans dar loro 
            ragione, i loro sforzi vanno ripagati col cuore. GB
 
 Altre recensioni: Live in Pennsylvania
 
 Intervista: 2008; 2011
 
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