Torna in campo la superband OSI, composta da Jim Matheos (Fates Warning),
Kevin Moore (ex Dream Theater) e Gavin Harrison (Porcupine Tree),
questa volta con uno special guest davvero d’eccezione, il cantante
chitarrista degli Opeth, Mikael Akefeldt. Ci intrattengono con un
disco di Metal Prog moderno, composto da nove brani per una durata
di quasi quarantotto minuti. Il suono proposto è alquanto oscuro,
distante dalle consuete coordinate a cui il genere ci ha abituati.
Un punto a favore dunque per quello che concerne la personalità,
diciamo che fra Fates Warning/Dream Theater e Porcupine Tree/Opeth
prevalgono le atmosfere dell’ ultima accoppiata.
Suoni elettronici e pacati hanno il sopravvento sulle schitarrate,
come ad esempio in “Terminal”. Il cantato è fievole,
quasi sussurrato. La batteria di Harrison è davvero qualcosa
di unico, il suo tocco è riconoscibile fra mille altri, una
vera macchina da guerra che spezza e cambia il ritmo in maniera solo
apparentemente semplice. “False Start” è un esempio
di quanto detto e riesce a far sembrare tutto di una semplicità
estrema. In questo disco gli OSI puntano tutto sulle corde dei sentimenti,
un poco come fanno gli Anathema ultimo periodo, pur avendo quasi nulla
a che fare con i suoni della band dei fratelli Cavanagh.
Francamente non c’è un brano che prediligo, in quanto
tutto sembra essere collegato e similare. Ci sono frangenti più
granitici, come in “Be The Hero”, o nell’iniziale
“The Escare Artist”, ma sono poca cosa in confronto alla
totalità dell’ascolto. Forse questo è in definitiva
il limite di “Blood”, un disco che probabilmente spaccherà
il pubblico e la critica in due, fra chi sosterrà la tesi Metal
e coloro che prediligono di più lo sperimentale e la Psichedelia.
Personalmente amando entrambe i generi, mi ritrovo con i piedi su
due staffe, ma credo conoscendomi che questo non sarà un disco
che girerà molto sul mio stereo. Peccato, le prerogative c’erano
tutte, a partire dall’ottima produzione…Alla prossima.
MS
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